Resistenza vascolare sistemica (systemic vascular resistance)

20 mar 2025

La resistenza vascolare sistemica (Systemic Vascular Resistance, SVR) è un dato tradizionalmente inserito nella valutazione emodinamica dei pazienti critici. Oggi cerchiamo di capirne insieme il significato fisiopatologico e l’utilizzo clinico. 

Prendiamo spunto dai dati di Gianni, un anziano all’ennesimo ricovero per scompenso cardiaco. Con l’infusione di noradrenalina (0.2  $ mcg \cdot kg^{-1} \cdot min^{-1}$) i dati sono questi: pressione arteriosa 110/55 mmHg (pressione arteriosa media 78 mmHg), frequenza cardiaca 80/min,  pressione venosa centrale 8 mmHg, portata cardiaca 2.3 l/min (indice cardiaco 1.38  $ l \cdot min^{-1} \cdot m^2$). 

Quale è il valore della sua resistenza vascolare sistemica? Che significato fisiopatologico e clinico ha? Può esserci utile per curarlo? Vedremo la risposta a queste domande nel corso del post.

La resistenza vascolare sistemica

In condizioni di flusso costante (cioè senza accelerazioni e decelerazioni) e laminare in un tubo rigido con sezione circolare, l’equazione di Poiseuille descrive bene la relazione tra flusso ($\dot{Q}$) e differenza di pressione ($\Delta P$) agli estremi del tubo:

$$ \dot{Q} = \cfrac {\Delta P} {R} ~~~~~(eq. 1)$$

in cui R rappresenta la resistenza, cioè l’insieme degli elementi che si oppongono al flusso.

Nelle suddette condizioni, la resistenza è funzione di lunghezza l e raggio r del condotto e della viscosità ($ \eta$) del fluido che vi scorre:

$$ R = \cfrac {8 \eta l} {\pi r^4}~~~~~(eq. 2)$$

Mettendo insieme queste due equazioni vediamo che il flusso è direttamente proporzionale alla differenza di pressione, al raggio del condotto alla quarta potenza ed inversamente proporzionale a lunghezza del tubo e viscosità del fluido:

$$ \dot{Q} = \cfrac {\Delta P \cdot \pi \cdot r^4} {8 \cdot \eta \cdot l}~~~~~(eq. 3)$$

La circolazione sistemica inizia con l’uscita del sangue dal ventricolo sinistro e termina con il rientro del sangue nell’atrio destro. Ipotizziamo molto semplicisticamente che il flusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio destro sia costante e laminare, e che il collegamento tra ventricolo ed atrio sia formato da un tubo rigido a sezione circolare (figura 1). 

Figura 1

In queste condizioni possiamo applicare l’equazione di Poiseuille. Il flusso dal ventricolo sinistro all’atrio destro è la portata cardiaca (cardiac output, CO), il $\Delta P$ è la differenza tra la pressione arteriosa media (PAM), stima della pressione in aorta, e la pressione venosa centrale (PVC), stima della pressione in atrio destro, e la resistenza è la resistenza vascolare sistemica SVR:

$$ CO = \cfrac {PAM - PVC} {SVR}~~~~~(eq. 4)$$

E’ evidente che non possiamo conoscere la lunghezza e il raggio dei vasi che congiungono il ventricolo sinistro all’atrio destro. Questo significa che non è possibile calcolare direttamente la SVR, e successivamente ottenere la portata cardiaca da SVR e $\Delta P$, come suggerisce l’equazione precedente.

Se vogliamo conoscere il valore della SVR, essa può essere calcolata indirettamente dalle due variabili fisiologiche che possiamo misurare, cioè $\Delta P$ e portata cardiaca:

$$ SVR = \cfrac {PAM -PVC}{CO}~~~~~(eq. 5)$$

La SVR derivata dall’equazione di Poiseuille dovrebbe teoricamente dare informazioni essenzialmente sul diametro del letto vascolare: una piccola variazione di calibro darebbe una grande variazione di SVR, per la sua dipendenza dalla quarta potenza del raggio. A corollario, la SVR dovrebbe rimanere costante in assenza di variazioni di sezione del letto vascolare (se la viscosità rimane costante).

Ovviamente questo ragionamento è valido solo se l’equazione di Poiseuille è applicabile al sistema vascolare periferico.


Calcolo della SVR, unità di misura e valori normali

Calcoliamo la SVR di Gianni dai dati che abbiamo dato in precedenza:

$$SVR = \cfrac {78~mmHg~–~8~mmHg}{2.3~l/min} = 30.4~mmHg \cdot l^{-1} \cdot min$$

Per comprendere il significato di un numero bisogna capire bene il significato della sua unità di misura. Il senso di questa unità di misura della SVR indica che è necessaria una differenza tra PAM e PVC di circa 30 mmHg per generare 1 l/min di portata cardiaca. Questa unità di misura è nota anche come Wood, dal nome di Paul Wood, un grande cardiologo (è suo il ritratto che apre il post) che già a metà del secolo scorso propose una classificazione dell’ipertensione polmonare in linea con le conoscenze attuali.(1) Alla fine del post approfondiremo anche la conoscenza del dottor Wood.

Sebbene il Wood sia facile da calcolare e da capire, in emodinamica la SVR è misurata con una misteriosa unità di misura, il $dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$, che deriva dalla misura della pressione in $dyne/cm^2$ e del flusso in $m^3/s$. Moltiplicando i Wood per 80 si ottiene la misura della SVR in $dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$:

$$SVR = \cfrac {(78 -8)~mmHg} {2.3~L/min} \cdot 80 = 2435~dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$$

E’ un valore normale, alto o basso?  Sono proposti molti range di normalità, anche piuttosto diversi tra loro, forse quello più frequente è 800-1200 $dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$. Questo range è davvero strano, se consideriamo che un soggetto sano (pressione arteriosa 120/80, che corrisponde ad una PAM di circa 95 mmHg, PVC 5 mmHg, portata cardiaca 5 l/min) ha una SVR di 1440 $dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$, valore perlatro in linea con quelli medi effettivamente rilevati nei soggetti adulti sani. (2) Probabilmente un range di normalità più ragionevole potrebbe essere tra 1000 e 1800  $dyne \cdot s \cdot cm^{-5}$, ma questa è una mia personale opinione.

Tornando a Gianni, qualunque range di normalità si consideri, appare evidente che la sua SVR è decisamente elevata. Ci aiuta questo a capire la causa del suo shock e scegliere la terapia migliore per gestirlo? Questo valore di SVR significa che il suo problema è una vasocostrizione periferica e dovremmo quindi somministrare un vasodilatatore per far tornarne tutto alla normalità? Gianni ha un postcarico elevato? Alla fine del post avremo gli elementi per rispondere a queste domande.


L’illusione della resistenza vascolare sistemica

Tutto quanto abbiamo visto finora sulla SVR è come il trucco del prestigiatore che sega in due una donna: sembra tutto convincente se ci fermiamo all’apparenza, ma ragionando si può capire che siamo ingannati da un’illusione.

Di seguito alcune riflessioni che ci aiutano a capire perchè il calcolo della SVR sia illusorio e di scarso valore clinico.

L’equazione di Poiseuille non è valida per il sistema vascolare

Le considerazione che abbiamo fatto nel paragrafo precedente sulle resistenze vascolari avevano una premessa fondamentale: “che il flusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio destro sia costante e laminare, e che il collegamento tra ventricolo ed atrio sia formato da un tubo rigido a sezione circolare“. Il problema è che nessuna di queste assunzioni è vera nella fisiologia umana: il sistema vascolare sistemico è infatti composto da vasi non rigidi, non sempre a sezione circolare, con flusso pulsatile e turbolento

Analizziamo come la sola presenza di flusso turbolento sia già di per sé sufficiente a inficiare la validità della equazione di Poiseuille. In un tubo di vetro (quindi rigido) di 150 cm di lunghezza e 5 mm di diametro sono stati fatti scorrere diversi flussi di acqua fino ad un massimo di 1 l/min e per ciascun flusso il $\Delta P$ teorico è stato calcolato con l'equazione di Poiseuille:

$$ \Delta P = Q \cdot \cfrac {8 \eta l} {\pi r^4}~~~~~(eq. 6)$$

(figura 2, linea nera continua) e il $\Delta P$ effettivo è stato misurato come differenza tra le pressioni agli estremi del condotto (figura 2, punti neri).(3)  

Figura 2

Finchè il flusso è basso (ad esempio nel punto 1 in figura 2), il $\Delta P$ teorico e quello effettivo coincidono. Nel punto 1 la resistenza $R_1$, calcolata come rapporto tra $\Delta P$ e flusso, è 11.4 $mmHg \cdot l^{-1} \cdot min$ (che corrispondono a 912 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $). Questo significa che è necessaria una differenza di pressione di 11.4 mmHg per generare 1 l/min di flusso. A questo valore il flusso è completamente laminare.

Quando il flusso raggiunge il valore di circa 0.5 L/s, nel modello sperimentale esso inizia ad essere turbolento. Da questo punto in avanti il $\Delta P$ misurato diventa sempre più differente rispetto a quello calcolato con l’equazione di Poiseuille. Al flusso di 0.8 l/min, il $\Delta P$ previsto dalla equazione di Poiseuille sarebbe 9.1 mmHg (punto 2 nella figura 2), che diviso per il flusso ribadirebbe la resistenza di 11.4 $mmHg \cdot l^{-1} \cdot min$: infatti per l’equazione di Poiseuille se le dimensioni del condotto e la viscosità non cambiano, la resistenza è costante. In realtà il $\Delta P$ misurato è 21.3 mmHg (punto 3, fig. 2), che fa calcolare una resistenza $R_3$ di 26.6 $mmHg \cdot l^{-1} \cdot min$. La resistenza effettiva è più che raddoppiata dal punto 1 al punto 2, senza che vi sia stata alcuna variazione di calibro del vaso: l’equazione di Poiseuille evidentemente non è più valida per la sola comparsa delle turbolenze nel flusso.

Nell’apparato cardiovascolare il flusso è normalmente turbolento, pertanto il calcolo della SVR è un indicatore inadeguato per valutare le variazioni di calibro dei vasi sanguigni (e quindi del tono vascolare).

L’inappropriatezza dell’applicazione dell’equazione di Poiseuille per il calcolo della SVR è ulteriormente accresciuta dal fatto che i vasi sanguigni sono elastici e non rigidi e che il flusso è pulsatile e non costante.


Le parti del sistema vascolare sistemico non si sommano

Il sistema vascolare tra ventricolo sinistro e atrio destro è in realtà formato da due sistemi circolatori distinti, quello arterioso e quello venoso, che hanno caratteristiche capacitive e resistive ben diverse e che non sono in continuità emodinamica tra di loro.

Si ritiene che esista una pressione critica di chiusura ($ P_{crit}$) dei vasi a valle del circolo arterioso, al di sotto della quale non vi è flusso tra sistema arterioso e venoso. Questo fenomeno viene spiegato con l’analogia della diga, nella quale il flusso sopra il bordo della diga si annulla per qualsiasi livello di acqua inferiore all’altezza della diga stessa. A valle di questa diga concettuale, il flusso nel versante venoso è generato dalla differenza di pressione tra la pressione sistemica media ($ P_{sm} $) e la PVC, secondo la classica fisiologia del ritorno venoso proposta da Guyton. (4) In vivo $ P_{crit}$ è stata stimata tra 20 e 50 mmHg.(5–8)

Possiamo quindi ridisegnare il modello dell’apparato cardiovascolare in questo modo:

Figura 3

Se ragioniamo con questo modello, vediamo che in realtà esistono due resistenze, una arteriosa ($ R_{art} $) ed una venosa ($ R_{ven} $). (9) $ R_{art} $ ha come differenza di pressione $ (PAM - P_{crit}) $, mentre il $\Delta P $ di $ R_{ven} $ è $ (P_{ms} - PVC) $. Dalla figura 4 puoi facilmente renderti conto che la somma di queste due differenze di pressione è inferiore al $\Delta P $ della SVR, cioè $ (PAM-PVC) $. Facendo i calcoli per un'ipotetico paziente con 5 l/min di portata cardiaca, puoi anche constatare che la somma di $ R_{art} $ e $ R_{ven} $ è ovviamente inferiore alla SVR.

Figura 4

Ho accennato a questo concetto, sicuramente troppo complesso per poter essere trattato in modo così sintetico, solo per far comprendere che l’esistenza di un condotto unico e continuo che va dal ventricolo sinistro all’atrio destro è probabilmente un’altra illusione sulla strada della SVR. La realtà è molto più complessa e sarebbe più appropriato ragionare, anche se solo concettualmente, in maniera separata di resistenza arteriosa e resistenza venosa.


La SVR non ha un valore clinico

Vediamo ora cosa aggiunge il valore della SVR nella gestione clinica.

Per conoscere la SVR si deve avere una misura della portata cardiaca: la sua conoscenza avviene pertanto quando è già in atto un monitoraggio emodinamico avanzato che fornisce molte informazioni. Cosa aggiunge a queste la SVR? Dobbiamo considerare che il numeratore della SVR ($ \Delta P $) solitamente varia molto meno del denominatore ($ CO $): ci possono essere grandi variazioni di $CO$ associate a ridotte variazioni di $ \Delta P $. Pertanto il valore della SVR dipende essenzialmente dal CO: tutti gli shock a bassa portata (cardiogeno, ipovolemico, ostruttivo) hanno alta SVR, mentre hanno bassa SVR tutti gli shock ad alta portata (settico, anafilattico, neurogeno).

Analizziamo l’utilità della SVR per la diagnosi o per il trattamento di alcuni ipotetici pazienti ed infine del nostro Gianni. Questi scenari affrontano la maggior parte delle alterazioni cardiovascolari gravi che si possono trovare nel paziente critici. I primi due scenari sono a bassa SVR, gli altri 4 ad alta SVR.

- caso 1, shock settico, SVR bassa (595 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): pressione arteriosa 85/50 mmHg (PAM 66 mmHg), frequenza cardiaca 95/min, PVC 6 mmHg, portata cardiaca 8 l/min, diuresi 1 $ml \cdot kg^{-1} \cdot h$, lattato arterioso 1.6 mmol/l. In questo caso vi è una PAM accettabile associata a buoni indici di perfusione tissutale. E’ un paziente che non necessita di variare il supporto emodinamico. Anche se la SVR è inferiore al normale, non è per questo da “normalizzare”. Conclusione: non si utilizza la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.

- caso 2, shock settico, SVR bassa (592 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): pressione arteriosa 70/40 mmHg (PAM 53 mmHg), frequenza cardiaca 95/min, PVC 6 mmHg, portata cardiaca 6.4 l/min, diuresi 0.3 ml/kg/h, lattato arterioso 3.9 mmol/L. In questo caso, nonostante l’alta portata, vi è una ipotensione associata a segni di ipoperfusione tissutale. Come primo passo è indicato iniziare o aumentare il vasocostrittore per migliorare le pressioni di perfusione. L’obiettivo del vasocostrittore non è un la normalizzazione della SVR, ma il ristabilimento di una pressione arteriosa sufficiente a ridurre i segni di perfusione tissutale (il primo obiettivo potrebbe essere rivalutare il quadro clinico dopo aver ottenuto una PAM tra 65 e 75 mmHg). Conclusione: non si utilizza la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.

- caso 3, crisi ipertensiva, SVR alta (2528 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): la pressione arteriosa è 220/110 mmHg (PAM 157 mmHg), la frequenza cardiaca 80/min, la PVC 15 mmHg e la portata cardiaca 4.49 l/min.  Questa è una condizione la cui diagnosi si fa esclusivamente con la misurazione della pressione arteriosa ed il trattamento con vasodilatatori è modulato sulla risposta pressoria. Nella pratica clinica solitamente non si misura la portata cardiaca e quindi non possiamo valutare la SVR. Conclusione: non si utilizza la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.

- caso 4, shock emorragico, SVR alta (2529 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): pressione arteriosa 110/60 mmHg (PAM 84 mmHg), frequenza cardiaca 120/min, PVC 5 mmHg, portata cardiaca 2.49 l/min. Il problema è la bassa portata cardiaca secondaria a ipovolemia, l’ipertono simpatico (autogeno e/o esogeno da somministrazione di amine) è una risposta compensatoria fondamentale per la sopravvivenza e deve essere preservata in attesa della correzione dell’ipovolemia. La terapia appropriata è la somministrazione di volume intravascolare. Se si somministrasse un vasodilatatore per ridurre l’elevata SVR, l’effetto potrebbe essere letale. Conclusione: non si utilizza la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.

- caso 5, bradicardia, SVR alta (2534 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): pressione arteriosa 125/60 mmHg (PAM 84 mmHg), frequenza cardiaca 35/min, PVC 5 mmHg, portata cardiaca 2.5 l/min. In questo caso la bradicardia è la causa della bassa portata cardiaca e la terapia passa attraverso il suo trattamento, farmacologico o con elettrostimolazione. Anche in questo caso, come per il terzo, normalmente non viene monitorata la portata cardiaca e di conseguenza non si conosce il valore di SVR. Conclusione: non si utilizza la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.

- Gianni, shock cardiogeno (?), SVR alta (2435 $ dyne \cdot s \cdot cm^{-5} $): pressione arteriosa 110/55 mmHg (PAM 78 mmHg), frequenza cardiaca 80/min, PVC 8 mmHg, portata cardiaca 2.3 l/min. Gianni ha uno shock, che dal punto di vista clinico ed ecocardiografico, è cardiogeno. L’elevata SVR è legata alla grave bassa portata. Concettualmente potrebbe in questi casi anche essere presa in considerazione una terapia vasodilatatrice unita al supporto inotropo. La terapia però non sarebbe mirata alla normalizzazione della SVR, ma alla risposta in termini di portata cardiaca. Nel caso specifico di Gianni il monitoraggio emodinamico è stato fatto con il catetere arterioso polmonare di Swan-Ganz che ha aggiunto un dato molto importante in un paziente con shock cardiogeno: la pressione di incuneamento in arteria polmonare (Pulmonary Capillary Wedge Pressure), che nel nostro caso era 9 mmHg. Questo valore è sicuramente basso in un paziente con grave disfunzione ventricolare sinistra durante la ventilazione meccanica. Probabilmente l’abbondante terapia diuretica somministrata nei giorni precedenti il ricovero in Terapia Intensiva ha indotto uno stato di disidratazione. E’ stato fatto quindi un carico di fluidi che ha effettivamente aumentato la portata cardiaca e consentito di sospendere il vasocostrittore. Conclusione: non si è utilizzata la SVR per guidare il trattamento o avere informazioni emodinamicamente utili.


Come possiamo constatare dalla rapida analisi delle più disparate condizioni cliniche, la SVR non ha in realtà un ruolo nella gestione emodinamica dei pazienti con alterazioni cardiocircolatorie.


Conclusioni

Alla fine del post, come sempre i punti salienti:

- la resistenza vascolare sistemica non è una misura diretta ma un valore calcolato dal rapporto (PAM-PVC)/CO, derivato dall’applicazione dell’equazione di Poiseuille all’apparato cardiovascolare;

- il calcolo della resistenza vascolare sistemica non ha un valido fondamento fisiopatologico per almeno due motivi: 1) l’apparato cardiovascolare non ha nessuna delle caratteristiche necessarie per rendere applicabile l’equazione di Poiseuille (flusso costante e laminare in un condotto rigido a sezione circolare); 2) non tiene conto della discontinuità pressoria tra la parte arteriosa e quella venosa. Sistema arterioso e venoso, almeno in termini concettuali, dovrebbero essere considerati come due sistemi emodinamici separati;

- la valutazione della resistenza vascolare sistemica, anche forzandone l’uso a dispetto dei suddetti limiti concettuali, non offre informazioni cliniche utili per la valutazione clinico-emodinamica o per guidare la terapia;

- una valutazione emodinamica in grado di fornire il valore di resistenza vascolare sistemica deve misurare la portata cardiaca. Il monitoraggio emodinamico volumetrico o pressometrico offrono dati peculiari che, a differenza della resistenza vascolare sistemica, possono essere fondamentali per gestire il supporto emodinamico.


Con questo post ho semplicemente voluto condividere la mia visione sulla resistenza vascolare sistemica e spiegare perché non la utilizzo nella mia attività clinica. Ovviamente rispetto le abitudini e le argomentazioni di tutti. Se sei abituato ad utilizzare la SVR e preferisci continuare a farlo, spero che almeno questa lettura ti abbia offerto spunti di riflessione utili per inserirla criticamente nella cura dei pazienti.  

Se sei interessato al monitoraggio e supporto emodinamico, ti ricordo che il 6-7 giugno 2025 faremo a Palermo il Corso di Emodinamica (clicca qui per ulteriori informazioni). 

Concludo con una citazione, sempre più attuale, del dottor Paul Wood: “Corriamo il rischio di perdere il nostro patrimonio clinico e di riporre troppa fiducia nei numeri emessi dalle macchine. La medicina ne soffrirà se questa tendenza non verrà fermata". (10)

Infine, se vuoi sentire una magistrale lezione sul polso venoso giugulare dalla viva voce del dott. Wood (e intravederlo nel video), clicca qui. Un esempio di come l’attenta, metodica, intelligente osservazione clinica, unita ad una profonda cultura medica, possa essere alla base delle nostre conoscenze. Non meno dei trial randomizzati e controllati...

Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab.


Bibliografia

1. Wood P. Pulmonary hypertension with special reference to the vasoconstrictive factor. Heart 1958;20:557–570.

2. Cattermole GN, Leung PYM, Ho GYL, Lau PWS, Chan CPY, Chan SSW, et al. The normal ranges of cardiovascular parameters measured using the ultrasonic cardiac output monitor. Physiol Rep 2017;5:e13195.

3. Pontiga F, Gaytán SP. An experimental approach to the fundamental principles of hemodynamics. Adv Physiol Educ 2005;29:165–171.

4. Guyton AC, Lindsey AW, Kaufmann BN. Effect of Mean Circulatory Filling Pressure and Other Peripheral Circulatory Factors on Cardiac Output. Am J Physiol-Leg Content 1955;180:463–468.

5. Liu Z, Pan C, Liu J, Liu H, Xie H. Esmolol response in septic shock patients in relation to vascular waterfall phenomenon measured by critical closure pressure and mean systemic filling pressure: a prospective observational study. J Intensive Care 2022;10:1.

6. Chemla D, Lau EMT, Hervé P, Millasseau S, Brahimi M, Zhu K, et al. Influence of critical closing pressure on systemic vascular resistance and total arterial compliance: A clinical invasive study. Arch Cardiovasc Dis 2017;110:659–666.

7. Kottenberg-Assenmacher E, Aleksic I, Eckholt M, Lehmann N, Peters J. Critical closing pressure as the arterial downstream pressure with the heart beating and during circulatory arrest: Anesthesiology 2009;110:370–379.

8. Girling F. Critical closing pressure and venous pressure. Am J Physiol 1952;171:204–207.

9. Maas JJ, de Wilde RB, Aarts LP, Pinsky MR, Jansen JR. Determination of vascular waterfall phenomenon by bedside measurement of mean systemic filling pressure and critical closing pressure in the intensive care unit: Anesth Analg 2012;114:803–810.

10. Somerville; J, Sleight P. The master’s legacy: the first Paul Wood lecture Commentary. Heart 1998;80:612–619.


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