Una caratteristica peculiare della pressione di supporto è il modo in cui il ventilatore meccanico decide il termine dell’inspirazione (il cosiddetto ciclaggio). Unica tra tutte le modalità di ventilazione, la pressione di supporto è infatti ciclata a flusso ed il trigger espiratorio è il segnale che utilizza per questo scopo.
Oggi vedremo cosa significa “ciclata a flusso” e ” trigger espiratorio“; ma soprattutto rifletteremo sul significato e sull’utilizzo clinico di queste funzioni. E capiremo come possa essere poco sensato quello che solitamente ci si racconta…
Ciclaggio a flusso e trigger espiratorio (versione canonica)
Durante tutte le modalità di ventilazione controllate ed assitite-controllate, la durata dell’inspirazione è determinata dal tempo inspiratorio*. Sono quindi definite come “ciclate a tempo“. In questo caso tutte le inspirazioni hanno una durata fissa, sempre uguale, ed il paziente è obbligato a rimanere in inspirazione per il tempo che abbiamo impostato: il controllo della durata della inspirazione è nella mani del medico (e del ventilatore) ed il paziente si deve adeguare. Questo vincolo non è, di per sè, nè un bene nè un male: può essere un punto di forza o un limite in relazione agli obiettivi clinici ed all’interazione paziente-ventilatore.
La pressione di supporto invece non ha nessuna impostazione del tempo inspiratorio** perchè è “ciclata a flusso“. Questo termine significa che il ciclaggio (cioè il passaggio dall’inspirazione all’espirazione) è guidato dal flusso inspiratorio.
La pressione di supporto è una ventilazione pressometrica, ed è quindi caratterizzata da un flusso inspiratorio decrescente (in assenza di attività inspiratoria del paziente). Un picco di flusso inspiratorio viene raggiunto all’inizio dell’inspirazione, quindi il flusso decresce, interrompendosi quando raggiunge il trigger espiratorio. Il trigger espiratorio è espresso come percentuale di flusso rispetto al picco. Vediamo un esempio in figura 1, in cui è rappresentata la curva di flusso di una pressione di supporto con trigger espiratorio del 30%: il picco di flusso è di 45 l/min ed il flusso a cui si attiva il trigger espiratorio (quando cioè il flusso repentinamente scende a zero, trattino rosso) è 15 l/min, cioè il 30% del valore di picco.
A questo punto è facile capire come la riduzione del trigger espiratorio (cioè della percentuale rispetto al piccodi flusso) possa portare ad un prolungamento dell’inspirazione, ed invece un aumento del trigger espiratorio ad una sua riduzione. Il processo è rappresentato in figura 2, in cui è riportata in giallo la durata dell’inspirazione: essa aumenta da 0.6 a 1.2 secondi riducendo il trigger espiratorio dal 50% al 10%.
Ma ha senso pensare in questo modo al trigger espiratorio? Nella pratica clinica funziona veramente così?
Significato ed utilizzo clinico del ciclaggio a flusso
Negli anni ottanta del secolo scorso entrò nel mondo della ventilazione meccanica il Servo Ventilator 900C Siemens (figura 3), una macchina per certi versi rivoluzionaria e con la novità della ventilazione a pressione di supporto e quindi del ciclaggio a flusso. Rivederlo mi emoziona sempre: su questa macchina ho iniziato ad amare ventilazione meccanica e meccanica respiratoria.
Come si può vedere dallo scarno pannello dei comandi, nel ventilatore che ha “inventato” la pressione di supporto era assente l’impostazione del trigger espiratorio, che era di default fisso al 25%. Oggi i nostri moderni ventilatori ci consentono di impostare il trigger espiratorio a valori che possono variare anche dal 1% al 80%. La regolazione del trigger espiratorio è un reale passo avanti o uno degli inutili gadget dei ventilatori meccanici? Potremo rispondere a questa domanda alla fine del post.
Se ci pensiamo bene, l’unica vera innovazione della pressione di supporto è il ciclaggio a flusso. Infatti, anche senza pressione di supporto, l’assistenza inspiratoria pressometrica tutta triggerata dal paziente si può tranquillamente ottenere impostando una pressione controllata con frequenza respiratoria molto bassa e trigger inspiratorio sensibile; di fatto tutti gli atti respiratori sono triggerati dal paziente e con supporto pressometrico.
Quindi la pressione di supporto è stata inventata per avere il ciclaggio a flusso. Ma perchè mai qualcuno ha voluto inventare il ciclaggio a flusso? Perchè il ciclaggio a flusso consente al paziente di determinare la durata dell’inspirazione: si abbandona la logica del ciclaggio a tempo, cioè di un tempo inspiratorio rigido, immutabile e definito dal ventilatore, per passare alla flessibilità del ciclaggio a flusso, dove la durata dell’inspirazione è determinata dal paziente atto per atto respiratorio. Ed il trigger espiratorio è lo strumento sfruttato per ottenere tutto questo.
Adesso torna alla figura 2. Ti sembra che il ciclaggio a flusso sia utilizzato per consentire al paziente di definire spontaneamente, respiro per respiro, la durata dell’inspirazione? A me non sembra proprio: in questo modo si torna ad attribuire al ventilatore il compito di decidere la durata dell’inspirazione. Un risultato che possiamo ottenere tranquillamente con un normale ciclaggio a tempo, impostando quindi un bel tempo inspiratorio sul ventilatore. Peraltro nota una cosa: il controllo della durata dell’inspirazione utilizzando il ciclaggio a flusso, come vedi in figura 2, è possibile solo se si ottiene una bella curva di flusso decrescente. Come ormai ben sanno gli amici di ventilab, questo si verifica solo quando manteniamo il paziente sostanzialmente passivo durante l’inspirazione, condizione che spesso dovremmo cercare di evitare durante la ventilazione assistita (vedi post del 10/09/2016).
Quando ventiliamo con una pressione di supporto un paziente che mantenga una buona attività dei muscoli inspiratori, come ben sappiamo la curva di flusso inspiratorio smette di avere un profilo decrescente e presenta invece una concavità verso il basso. Quando siamo in questa condizione, il trigger espiratorio influenza davvero la durata dell’inspirazione? Vediamolo nella figura 4.
La curva di flusso ha un picco inspiratorio iniziale di 40 l/min. Dopo il raggiungimento del picco, il flusso inspiratorio non decresce linearmente verso il punto di ciclaggio, ma è mantenuto elevato dall’attività dei muscoli inspiratori (per dettagli rivedi nuovamente il post del 10/09/2016). Nella parte finale dell’inspirazione, il flusso scende quasi verticalmente verso lo zero. In questa fase agisce il trigger espiratorio: quando il flusso raggiunge il valore impostato, finisce l’inspirazione ed inizia l’espirazione. Nel caso in figura 4 il trigger espiratorio era impostato al 10% del picco di flusso, quindi a 4 l/min per il respiro preso in considerazione. A questo livello di flusso è disegnata la linea tratteggiata orizzontale rossa. Il ciclaggio avviene quanto viene raggiunto questo flusso inspiratorio (tratto verticale rosso). Quando sarebbe terminata l’inspirazione se avessimo impostato un trigger espiratorio molto diverso, ad esempio il 50%? In questo caso il flusso a cui avverrebbe il ciclaggio sarebbe la metà del picco inspiratorio, cioè 20 l/min: a questo livello è disegnata la linea orizzontale tratteggiata gialla. Possiamo facilmente vedere come il momento in cui il flusso inspiratorio raggiunge questo valore (identificato sull’asse orizzontale del tempo dalla linea tratteggiata verticale gialla) sia solo minimamente diverso da quello determinato dal trigger al 10%.
In sintesi: quando il paziente è attivo durante l’inspirazione, il trigger espiratorio non modifica significativamente la durata dell’inspirazione. Al contrario questo accade quando il paziente è passivo, come abbiamo visto nella figura 2. Ma quando un paziente è passivo durante l’inspirazione, che vantaggio c’è nel fare una pressione di supporto? Se vogliamo controllare noi la durata dell’inspirazione, non è più semplice ed immediato scegliere una ventilazione ciclata a tempo, decidendo esplicitamente quanto far durare l’inspirazione?
Riassumendo: l’unica vera innovazione della pressione di supporto è stato il controllo, respiro per respiro, della durata dell’inspirazione esercitato dal paziente. Abbiamo capito che questo è realmente possibile solo quando il paziente mantiene una buona attività durante tutta la fase inspiratoria. Ed abbiamo visto che in queste condizioni la variazione del trigger espiratorio ha una influenza trascurabile sulla durata dell’inspirazione.
A questo punto possiamo ripondere consapevolmente alla domanda lasciata in sospeso in precedenza: è stato un progresso reale passare dal trigger espiratorio fisso al 25% alla possibilità di variarlo dal 1 al 80%? A mio parere no: se vogliamo controllare la durata della inspirazione meglio un ciclaggio a tempo. La “mission” del ciclaggio a flusso è invece quella di togliere a noi il controllo della durata dell’inspirazione per lasciarla al paziente. In questo l’inventore del ciclaggio a flusso è stato veramente geniale: era perfettamente consapevole dell’effetto dell’attività del paziente sulla curva di flusso e capì che quando il paziente avesse smesso di inspirare (cioè rilasciato i muscoli inspiratori e/o attivato i muscoli espiratori), il flusso inspiratorio sarebbe crollato rapidamente. E quindi il segnale critico per sincronizzare l’espirazione del paziente con quella del ventilatore era cogliere “al volo” questo calo repentino di flusso inspiratorio: ripeto, GENIALE! E fissare come criterio la riduzione del flusso inspiratorio al 25% del picco di flusso fu una una soluzione semplice e ragionevole.
Un’ultima riflessione, forse un po’ complessa, ma veramente interessante: utilizzare il trigger espiratorio per modificare la durata dell’inspirazione (come abbiamo visto nella figura 2) produce necessariamente una asincronia di termine, in paricolare un ciclaggio ritardato. Non abbiamo tempo per approndire ora questo aspetto, ma teniamone conto. Gli studi che hanno documentato il ciclaggio ritardato durante pressione di supporto probabilmente hanno fatto un utilizzo “contro natura” (in senso stretto) della pressione di supporto, associando la passività del paziente al trigger a flusso: in queste condizioni è implicita l’asincronia. Per chiarire meglio questo aspetto potrei fare prossimamente un post sulle asincronie di termine.
E’ giunta l’ora di concludere, e facciamolo come sempre con le implicazioni pratiche di quello che abbiamo detto:
- se vogliamo mantenere un paziente poco attivo e controllare la durata dell’inspirazione, non abbiamo bisogno della pressione di supporto: possiamo utilizzare in modo semplice ed efficace una ventilazione a pressione controllata con una frequenza respiratoria minima ed un tempo inspiratorio ragionevole (tra 0.8″ e 1″);
- se l’obiettivo principale è la costante sincronia paziente-ventilatore, allora è molto semplice ed efficace utilizzare la pressione di supporto con paziente attivo durante l’inspirazione. Il ciclaggio avrà una buona sincronia entro ampi limiti di impostazione del trigger espiratorio. Direi che nella maggior parte dei casi il 25% può essere ragionevole (anche in omaggio alle buone intenzioni di chi ha sviluppato la pressione di supporto).
A tutti gli amici di ventilab, un sorriso e tanti cari auguri di buon Anno Nuovo!
Note:
*: tempo inspiratorio che può essere impostato direttamente definendone la durata in secondi o indirettamente con il settaggio del rapporto I:E o del flusso inspiratorio.
**: esiste sempre un tempo inspiratorio massimo consentito, che può essere fisso (in questo caso non compare tra i parametri di impostazione) o definibile dall’utente. Entro quel tempo inspiratorio massimo, la fine dell’inspirazione è innescata dal trigger espiratorio.
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