Valentina, una giovane specializzanda, mi ha chiesto: "qual è il beneficio nel variare il rapporto I:E per diminuire l’EtCO2?"
Per esperienza so che le incertezze di Valentina sul rapporto I:E sono condivise da moltissimi colleghi, anche esperti: affronto quindi volentieri il problema del criterio di scelta del rapporto I:E.
Iniziamo a definire cosa si intente per rapporto I:E. Un ciclo respiratorio è composto dalla fase inspiratoria (I) e dalla fase espiratoria (E) ed il rapporto I:E esprime il rapporto tra la durata dell'inspirazione e quella dell'espirazione. Quindi un rapporto I:E di 1:2 sta a significare che la durata dell'inspirazione I è la metà della durata dell'espirazione E, mentre un I:E di 1:1 ci dice che inspirazione ed espirazione hanno una uguale durata. Lo stesso concetto è espresso, anche se in maniera leggermente diversa, dal rapporto TI/TTOT, dove TI indica la durata dell'inspirazione e TTOT la durata dell'intero ciclo respiratorio (cioè inspirazione+espirazione). Un I:E 1:2 corrisponde ad un TI/TTOT di 0.33: è infatti equivalente dire che l'inspirazione dura 1/2 dell'espirazione o 1/3 dell'intero ciclo respiratorio. Il rapporto I:E è forse il parametro più utilizzato sui ventilatori di terapia intensiva e anestesia per impostare la durata di inspirazione ed espirazione, mentre il TI/TTOT è di gran lunga quello più utilizzato nella letteratura scientifica. Alcuni ventilatori non fanno impostare nè I:E nè TI/TTOT, ma preferiscono (a mio parere intelligentemente) far scegliere il tempo inspiratorio TI (cioè la durata dell'inspirazione). D ata la frequenza respiratoria (cioè la durata del ciclo respiratorio), l'impostazione di I:E, TI/TTOT o TI ha l'unica conseguenza di definire la durata di inspirazione ed espirazione.
Nelle ventilazioni ciclate a tempo, cioè quando l'inspirazione termina dopo un tempo predefinito: volume controllato, pressione controllata, pressione controllata a target di volume, bilevel. Il rapporto I:E non è invece impostabile durante la pressure support ventilation poichè questa ventilazione è ciclata a flusso (=trigger espiratorio) (vedi post del 22 maggio 2011).
In soggetti normali, anche a differenti livelli di ventilazione minuto, il TI/TTOT è piuttosto costante e mediamente è di circa 0.45 (1) (che corrisponde ad un I:E di 1:1.5), mentre nei pazienti con insufficienza respiratoria è circa 0.4 (I:E 1:1.2), indipendentemente dal tipo di insufficienza respiratoria (2).
Il rapporto I:E deve essere adeguato agli obiettivi clinici e non al presunto rispetto della fisiologicità. Possiamo identificare tre obiettivi che possano essere in qualche modo influenzati dalla scelta del rapporto I:E: 1) il miglioramento dell'ossigenazione; 2) la limitazione dell'iperinflazione dinamica; 3) la sincronia tra ventilatore e paziente.
Questi tre diversi obiettivi determinano scelte e logiche completamente diverse riguardo il rapporto I:E, che analizziamo di seguito.
Nei pazienti con ipossiemia da mismatch ventilazione/perfusione (vedi post del 21/10/2012), come ad esempio nella ARDS, l'ossigenazione può essere migliorata dall'aumento della pressione media delle vie aeree (che stima la pressione media alveolare nei pazienti senza rilevante PEEP intrinseca) (3). La pressione media delle vie aeree è la media delle pressioni delle vie aeree misurate istante per istante durante l'intero ciclo respiratorio (non ha nulla a che vedere con la pressione di plateau), quindi sia durante l'inspirazione che l'espirazione. La pressione media delle vie aeree è normalmente aumentata con l'applicazione della PEEP, ma può essere anche aumentata dall'aumento della durata dell'inspirazione, durante la quale ci sono pressioni più elevate, rispetto all'espirazione, durante la quale ci sono le pressioni delle vie aeree più basse. (per motivi un po' complessi questo è particolarmente vero nelle ventilazioni pressometriche o nelle volumetriche con pausa di fine inspirazione).
Quindi nei pazienti con ARDS (e nei pazienti con ipossiemia da riduzione relativa della ventilazione rispetto alla perfusione) può essere utile privilegiare la durata dell'inspirazione. Il mio approccio personale è di iniziare con un rapporto I:E di 1:1 nei pazienti passivi alla ventilazione meccanica e di lasciarlo il più lungo possibile (cioè evitando le asincronie, vedi sotto) nei pazienti non passivi alla ventilazione.
Nei pazienti in cui l'iperinflazione dinamica è un problema (non sempre lo è!), bisogna agire in maniera opposta rispetto al punto precedente. Si deve privilegiare il tempo espiratorio rispetto a quello inspiratorio ed il rapporto I:E deve quindi essere basso (ad esempio 1:4), ed associato ad una bassa frequenza respiratoria. Questo consente di avere più tempo per espirare e quindi ridurre l'iperinflazione dinamica e l'impatto negativo che questa può avere sull'emodinamica e sulla sovradistensione polmonare. La riduzione della sovradistensione polmonare (se presente) può portare anche ad una riduzione del rapporto ventilazione/perfusione e quindi dell'effetto spazio morto: in questo caso potremmo osservare una riduzione della PaCO2 a parità di ventilazione.
Per affrontare il quesito di Valentina, non penso che questo però normalmente funzioni durante laparoscopia. Anzi, la chirurgia laparoscopica può indurre una compressione delle basi polmonari ed una riduzione della capacità funzionale residua, tanto è vero che a volte con l'induzione dello pneumoperitoneo si osserva ipossiemia che regredisce con l'applicazione della PEEP. In questi casi, se proprio si vuole essere perfezionisti, potrebbe essere quindi preferibile l'approccio visto nel punto precedente.
Questo obiettivo è rilevante nelle ventilazioni assistite-controllate , cioè quando impostiamo una ventilazione controllata e facendo triggerare alcuni (o tutti) gli atti respiratori al paziente. Nella ventilazione assistita-controllata c'è una complicazione decisiva: non conosciamo a priori la frequenza respiratoria che il paziente farà, visto che questa dipende da quanti atti saranno triggerati. E questo ha implicazioni rilevantissime. Esempio. Impostiamo un I:E di 1:2 (che spesso è di default in molti ventilatori e viene lasciato immodificato) ed una frequenza respiratoria, ad esempio, di 10/min (con l'obiettivo di garantire almeno questi atti respiratori). Ne consegue che la durata dell'inspirazione sarebbe di 2 secondi (un ciclo respiratorio dura 6 secondi e l'inspirazione 1/3 di questo tempo) se il paziente rimanesse passivo. Il paziente, che invece è attivo ed utilizza la possibilità di triggerare, raggiunge in realtà una frequenza respiratoria di 20/min, il ciclo respiratorio reale diventa quindi di 3 secondi. Ma la durata dell'inspirazione rimane di 2 secondi (frequenza respiratoria ed I:E impostati determinano la durata dell'inspirazione): inevitabilmente rimane solo 1 secondo per espirare prima dell'attivazione dell'inspirazione successiva. Abbiamo impostato un I:E di 1:2 ed in realtà otteniamo un I:E di 2:1. E di norma è una pessima scelta che ha come conseguenza asincronia ed iperinflazione dinamica.
Il messaggio da ricordare è quindi che quando il paziente triggera atti inspiratori in realtà non dobbiamo guardare il I:E che impostiamo ma la durata dell'inspirazione che otteniamo. La durata dell'espirazione non è sotto il nostro controllo ma è decisa dal paziente, che la interrompe quando triggera l'atto successivo. Quindi dobbiamo "manipolare" il I:E avendo come UNICO OBIETTIVO la definizione di un tempo inspiratorio adatto al paziente.
Ma quanto è lungo un tempo inspiratorio "adatto" al paziente? Partiamo da una considerazione teorica. Un paziente con un supporto inspiratorio appropriato spesso ha una frequenza respiratoria di circa 25/min. A questa frequenza, se il paziente respirasse spontaneamente ed avesse un "normale" TI/TTOT di 0.4-0.45 (vedi sopra), avrebbe un'inspirazione della durata di circa 1 secondo. Questa sarà leggermente più breve (circa 0.8 secondi) per frequenze respiratorie superiori. Ecco un punto di partenza per la scelta del tempo inspiratorio in ventilazione assistita-controllata: impostiamo un I:E che determini una durata dell'inspirazione di circa 1 secondo. Ovviamente il I:E da scegliere varia in funzione della frequenza respiratoria che impostiamo sul ventilatore: ma tutti i ventilatori ci mostrano anche il valore del tempo inspiratorio quando modifichiamo frequenza e I:E.
Dicevamo che questo è il punto di partenza, poi dobbiamo certamente analizzare il monitoraggio grafico della ventilazione (le curve di flusso e pressione delle vie aeree) per affinare la nostra scelta.
Ecco un esempio. (Se sei stanco, ti suggerisco di saltare alle conclusioni, riposarti e leggere l'esempio con attenzione più tardi). Qui sotto vediamo il monitoraggio grafico di un paziente con una ventilazione assistita-controllata (pressometrica a target di volume). La frequenza respiratoria impostata è 6 ed il I:E è 1:9. E' una scelta che faccio spesso quando voglio lasciare al paziente il completo controllo della frequenza respiratoria: il risultato finale è 1 secondo di tempo inspiratorio (il ciclo respiratorio dura 10 secondi, con 1 parte in inspirazione e 9 parti in espirazione).
Per esperienza so che le incertezze di Valentina sul rapporto I:E sono condivise da moltissimi colleghi, anche esperti: affronto quindi volentieri il problema del criterio di scelta del rapporto I:E.
Iniziamo a definire cosa si intente per rapporto I:E. Un ciclo respiratorio è composto dalla fase inspiratoria (I) e dalla fase espiratoria (E) ed il rapporto I:E esprime il rapporto tra la durata dell'inspirazione e quella dell'espirazione. Quindi un rapporto I:E di 1:2 sta a significare che la durata dell'inspirazione I è la metà della durata dell'espirazione E, mentre un I:E di 1:1 ci dice che inspirazione ed espirazione hanno una uguale durata. Lo stesso concetto è espresso, anche se in maniera leggermente diversa, dal rapporto TI/TTOT, dove TI indica la durata dell'inspirazione e TTOT la durata dell'intero ciclo respiratorio (cioè inspirazione+espirazione). Un I:E 1:2 corrisponde ad un TI/TTOT di 0.33: è infatti equivalente dire che l'inspirazione dura 1/2 dell'espirazione o 1/3 dell'intero ciclo respiratorio. Il rapporto I:E è forse il parametro più utilizzato sui ventilatori di terapia intensiva e anestesia per impostare la durata di inspirazione ed espirazione, mentre il TI/TTOT è di gran lunga quello più utilizzato nella letteratura scientifica. Alcuni ventilatori non fanno impostare nè I:E nè TI/TTOT, ma preferiscono (a mio parere intelligentemente) far scegliere il tempo inspiratorio TI (cioè la durata dell'inspirazione). D ata la frequenza respiratoria (cioè la durata del ciclo respiratorio), l'impostazione di I:E, TI/TTOT o TI ha l'unica conseguenza di definire la durata di inspirazione ed espirazione.
In quali ventilazioni è impostabile il I:E (o il TI/TTOT o il TI )?
Nelle ventilazioni ciclate a tempo, cioè quando l'inspirazione termina dopo un tempo predefinito: volume controllato, pressione controllata, pressione controllata a target di volume, bilevel. Il rapporto I:E non è invece impostabile durante la pressure support ventilation poichè questa ventilazione è ciclata a flusso (=trigger espiratorio) (vedi post del 22 maggio 2011).
Quanto è il TI/TTOT "normale"?
In soggetti normali, anche a differenti livelli di ventilazione minuto, il TI/TTOT è piuttosto costante e mediamente è di circa 0.45 (1) (che corrisponde ad un I:E di 1:1.5), mentre nei pazienti con insufficienza respiratoria è circa 0.4 (I:E 1:1.2), indipendentemente dal tipo di insufficienza respiratoria (2).
E' utile impostare un I:E "normale" nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica?
Il rapporto I:E deve essere adeguato agli obiettivi clinici e non al presunto rispetto della fisiologicità. Possiamo identificare tre obiettivi che possano essere in qualche modo influenzati dalla scelta del rapporto I:E: 1) il miglioramento dell'ossigenazione; 2) la limitazione dell'iperinflazione dinamica; 3) la sincronia tra ventilatore e paziente.
Questi tre diversi obiettivi determinano scelte e logiche completamente diverse riguardo il rapporto I:E, che analizziamo di seguito.
1) Rapporto I:E e miglioramento dell'ossigenazione
Nei pazienti con ipossiemia da mismatch ventilazione/perfusione (vedi post del 21/10/2012), come ad esempio nella ARDS, l'ossigenazione può essere migliorata dall'aumento della pressione media delle vie aeree (che stima la pressione media alveolare nei pazienti senza rilevante PEEP intrinseca) (3). La pressione media delle vie aeree è la media delle pressioni delle vie aeree misurate istante per istante durante l'intero ciclo respiratorio (non ha nulla a che vedere con la pressione di plateau), quindi sia durante l'inspirazione che l'espirazione. La pressione media delle vie aeree è normalmente aumentata con l'applicazione della PEEP, ma può essere anche aumentata dall'aumento della durata dell'inspirazione, durante la quale ci sono pressioni più elevate, rispetto all'espirazione, durante la quale ci sono le pressioni delle vie aeree più basse. (per motivi un po' complessi questo è particolarmente vero nelle ventilazioni pressometriche o nelle volumetriche con pausa di fine inspirazione).
Quindi nei pazienti con ARDS (e nei pazienti con ipossiemia da riduzione relativa della ventilazione rispetto alla perfusione) può essere utile privilegiare la durata dell'inspirazione. Il mio approccio personale è di iniziare con un rapporto I:E di 1:1 nei pazienti passivi alla ventilazione meccanica e di lasciarlo il più lungo possibile (cioè evitando le asincronie, vedi sotto) nei pazienti non passivi alla ventilazione.
2) Rapporto I:E e riduzione dell'iperinflazione dinamica
Nei pazienti in cui l'iperinflazione dinamica è un problema (non sempre lo è!), bisogna agire in maniera opposta rispetto al punto precedente. Si deve privilegiare il tempo espiratorio rispetto a quello inspiratorio ed il rapporto I:E deve quindi essere basso (ad esempio 1:4), ed associato ad una bassa frequenza respiratoria. Questo consente di avere più tempo per espirare e quindi ridurre l'iperinflazione dinamica e l'impatto negativo che questa può avere sull'emodinamica e sulla sovradistensione polmonare. La riduzione della sovradistensione polmonare (se presente) può portare anche ad una riduzione del rapporto ventilazione/perfusione e quindi dell'effetto spazio morto: in questo caso potremmo osservare una riduzione della PaCO2 a parità di ventilazione.
Per affrontare il quesito di Valentina, non penso che questo però normalmente funzioni durante laparoscopia. Anzi, la chirurgia laparoscopica può indurre una compressione delle basi polmonari ed una riduzione della capacità funzionale residua, tanto è vero che a volte con l'induzione dello pneumoperitoneo si osserva ipossiemia che regredisce con l'applicazione della PEEP. In questi casi, se proprio si vuole essere perfezionisti, potrebbe essere quindi preferibile l'approccio visto nel punto precedente.
3) Rapporto I:E e sincronia paziente-ventilatore.
Questo obiettivo è rilevante nelle ventilazioni assistite-controllate , cioè quando impostiamo una ventilazione controllata e facendo triggerare alcuni (o tutti) gli atti respiratori al paziente. Nella ventilazione assistita-controllata c'è una complicazione decisiva: non conosciamo a priori la frequenza respiratoria che il paziente farà, visto che questa dipende da quanti atti saranno triggerati. E questo ha implicazioni rilevantissime. Esempio. Impostiamo un I:E di 1:2 (che spesso è di default in molti ventilatori e viene lasciato immodificato) ed una frequenza respiratoria, ad esempio, di 10/min (con l'obiettivo di garantire almeno questi atti respiratori). Ne consegue che la durata dell'inspirazione sarebbe di 2 secondi (un ciclo respiratorio dura 6 secondi e l'inspirazione 1/3 di questo tempo) se il paziente rimanesse passivo. Il paziente, che invece è attivo ed utilizza la possibilità di triggerare, raggiunge in realtà una frequenza respiratoria di 20/min, il ciclo respiratorio reale diventa quindi di 3 secondi. Ma la durata dell'inspirazione rimane di 2 secondi (frequenza respiratoria ed I:E impostati determinano la durata dell'inspirazione): inevitabilmente rimane solo 1 secondo per espirare prima dell'attivazione dell'inspirazione successiva. Abbiamo impostato un I:E di 1:2 ed in realtà otteniamo un I:E di 2:1. E di norma è una pessima scelta che ha come conseguenza asincronia ed iperinflazione dinamica.
Il messaggio da ricordare è quindi che quando il paziente triggera atti inspiratori in realtà non dobbiamo guardare il I:E che impostiamo ma la durata dell'inspirazione che otteniamo. La durata dell'espirazione non è sotto il nostro controllo ma è decisa dal paziente, che la interrompe quando triggera l'atto successivo. Quindi dobbiamo "manipolare" il I:E avendo come UNICO OBIETTIVO la definizione di un tempo inspiratorio adatto al paziente.
Ma quanto è lungo un tempo inspiratorio "adatto" al paziente? Partiamo da una considerazione teorica. Un paziente con un supporto inspiratorio appropriato spesso ha una frequenza respiratoria di circa 25/min. A questa frequenza, se il paziente respirasse spontaneamente ed avesse un "normale" TI/TTOT di 0.4-0.45 (vedi sopra), avrebbe un'inspirazione della durata di circa 1 secondo. Questa sarà leggermente più breve (circa 0.8 secondi) per frequenze respiratorie superiori. Ecco un punto di partenza per la scelta del tempo inspiratorio in ventilazione assistita-controllata: impostiamo un I:E che determini una durata dell'inspirazione di circa 1 secondo. Ovviamente il I:E da scegliere varia in funzione della frequenza respiratoria che impostiamo sul ventilatore: ma tutti i ventilatori ci mostrano anche il valore del tempo inspiratorio quando modifichiamo frequenza e I:E.
Dicevamo che questo è il punto di partenza, poi dobbiamo certamente analizzare il monitoraggio grafico della ventilazione (le curve di flusso e pressione delle vie aeree) per affinare la nostra scelta.
Ecco un esempio. (Se sei stanco, ti suggerisco di saltare alle conclusioni, riposarti e leggere l'esempio con attenzione più tardi). Qui sotto vediamo il monitoraggio grafico di un paziente con una ventilazione assistita-controllata (pressometrica a target di volume). La frequenza respiratoria impostata è 6 ed il I:E è 1:9. E' una scelta che faccio spesso quando voglio lasciare al paziente il completo controllo della frequenza respiratoria: il risultato finale è 1 secondo di tempo inspiratorio (il ciclo respiratorio dura 10 secondi, con 1 parte in inspirazione e 9 parti in espirazione).
Analizziamo il risultato in termini di sincronia in un dettaglio del tracciato, la traccia in alto è la pressione delle vie aeree e quella in basso il flusso:
Il paziente attiva il trigger a livello della linea tratteggiata 1: la pressione scende ed il flusso inspiratorio inizia. Il tempo di 1 secondo della durata programmata dell'inspirazione finisce a livello della linea 3. Vediamo che fino alla linea 2 in realtà c'è flusso inspiratorio (cioè la traccia di flusso è al di sopra della linea dello zero), ma fra la linea 2 e la linea 3 il flusso è addirittura espiratorio (siamo ancora nel periodo teoricamente inspiratorio). E vediamo che fra la linea 2 e la linea 3 la pressione delle vie aeree è aumentata rispetto al periodo di flusso inspiratorio: questo significa che in questa porzione di tempo inspiratorio il paziente cerca di espirare, aumenta quindi la pressione nel circuito ed il ventilatore a questo punto concede un piccolo flusso espiratorio. Se il ventilatore non concedesse un po' di espirazione in questo momento, la pressione delle vie aeree aumenterebbe molto di più.
Tutti questi segni ci dicono (o, meglio, ci urlano) che abbiamo impostato una durata dell'inspirazione troppo lunga per questo paziente (oltre ad avergli dato un supporto inspiratorio insufficiente, ma questo non è l'oggetto del nostro ragionamento).
Abbiamo cercato di risolvere il problema riducendo il tempo inspiratorio per adattare l'inspirazione del ventilatore con quella del diaframma del paziente. Per diminuire il tempo inspiratorio abbiamo aumentato la frequenza respiratoria a 9/min ed il rapporto I:E a 1:8. La conseguenza è un tempo inspiratorio di circa 0.75 secondi. (per dovere di completezza aggiungiamo che abbiamo aumentato anche un poco il volume target per aumentare il supporto inspiratorio). Ed ecco il risultato:
La sincronia tra inspirazione del paziente e quella del ventilatore è stata finalmente raggiunta. L'inspirazione inizia con la prima linea tratteggiata (il flusso diventa positivo) e termina con la seconda linea tratteggiata (il flusso diventa negativo). L'inizio della espirazione produce subito il picco di flusso espiratorio e contemporaneamente non si osserva, soprattutto, un significativo aumento della pressione nelle vie aeree.
Riepiloghiamo i punti salienti del post. Il rapporto I:E deve essere impostato in maniera diversa in funzione dell'obiettivo clinico principale che ci poniamo (se non abbiamo obiettivi, ricordiamo che la fisiologia e la clinica ci dicono che questo è abbastanza costante in un trange tra 1:1.5 e 1:1.2):
1) ipossiemia: è preferibile un I:E in cui l'inspirazione sia privilegiata rispetto alla fisiologia ed all'impostazione di default dei ventilatori (ad esempio 1:1)
2) iperinflazione dinamica (di rilevanza clinica): è fortemente raccomandato un I:E in cui l'espirazione sia privilegiata rispetto alla fisiologia ed all'impostazione di default dei ventilatori (ad esempio 1:4)
3) sincronia paziente-ventilatore: dimenticare il rapporto I:E e guardare solo il tempo inspiratorio. Iniziare con un tempo inspiratorio di circa 1 secondo e perfezionare la scelta guardando il monitoraggio grafico.
Un particolare saluto ai tanti specializzandi che seguono ventilab: il futuro dipende da voi.
E, come sempre, un sorriso a tutti.
Bibliografia.
1) Neder JA et al. The pattern and timing of breathing during incremental exercise: a normative study. Eur Respir J 2003; 21: 530-8
2) Del Rosario N et al. Breathing pattern during acute respiratory failure and recovery. Eur Respir J 1997; 10: 2560-5
3) Marini JJ. Mean airway pressure: physiologic determiants and clinical importance. Part 2: clinical implications. Crit Care Med 1992; 20:1604-16
CONCLUSIONI.
Riepiloghiamo i punti salienti del post. Il rapporto I:E deve essere impostato in maniera diversa in funzione dell'obiettivo clinico principale che ci poniamo (se non abbiamo obiettivi, ricordiamo che la fisiologia e la clinica ci dicono che questo è abbastanza costante in un trange tra 1:1.5 e 1:1.2):
1) ipossiemia: è preferibile un I:E in cui l'inspirazione sia privilegiata rispetto alla fisiologia ed all'impostazione di default dei ventilatori (ad esempio 1:1)
2) iperinflazione dinamica (di rilevanza clinica): è fortemente raccomandato un I:E in cui l'espirazione sia privilegiata rispetto alla fisiologia ed all'impostazione di default dei ventilatori (ad esempio 1:4)
3) sincronia paziente-ventilatore: dimenticare il rapporto I:E e guardare solo il tempo inspiratorio. Iniziare con un tempo inspiratorio di circa 1 secondo e perfezionare la scelta guardando il monitoraggio grafico.
Un particolare saluto ai tanti specializzandi che seguono ventilab: il futuro dipende da voi.
E, come sempre, un sorriso a tutti.
Bibliografia.
1) Neder JA et al. The pattern and timing of breathing during incremental exercise: a normative study. Eur Respir J 2003; 21: 530-8
2) Del Rosario N et al. Breathing pattern during acute respiratory failure and recovery. Eur Respir J 1997; 10: 2560-5
3) Marini JJ. Mean airway pressure: physiologic determiants and clinical importance. Part 2: clinical implications. Crit Care Med 1992; 20:1604-16
Gent.mo Dott.Natalini, innanzitutto La ringrazio per le Sue parole di incoraggiamento, oltre che per la solita super-esaustiva spiegazione!!
RispondiEliminaQuindi, se ho ben capito, il modo più preciso di ventilare un paziente sano (ASA 1-2) sottoposto a LPS e che presenti ipossiemia con aumento della EtCO2 è: dare una buona PEEP e privilegiare l'inspirazione (cioè impostando un I:E = 1:1 , ad esempio). E' corretto? Quindi aumenterò anche la frequenza respiratoria..?
Grazie ancora di tutto!!! Valentina
A mio parere in laparoscopia l'aumento della PaCO2 non è mai (o quasi) un vero problema: perchè mai non dovremmo tollerare una PaCO2 di 50 mmHg? Ci preoccupiamo quando vediamo in anestesia una PaCO2 di 30 mmHg? Eppure per il nostro organismo è certamente peggio la riduzione di 10 mmHg di PaCO2 piuttosto che un aumento di uguale entità. Purtroppo abbiamo un approccio "psicologico" alla PaCO2: una moderata riduzione ci fa stare tranquilli (è la prova che la ventilazione funziona!), mentre un moderato aumento è visto come una sconfitta (è la prova che non riusciamo a ventilare!).
RispondiEliminaPremesso questo, è corretto aumentare la pressione media delle vie aeree in caso di ipossiemia: questo può essere ottenuto con l'aumento della PEEP o del I:E o di entrambi. Ed è corretto aumentare la frequenza respiratoria per ridurre la PaCO2.
Grazie Valentina per gli spunti che ci hai dato.
Ciao
"La pressione media delle vie aeree è normalmente aumentata con l’applicazione della PEEP, ma può essere anche aumentata dall’aumento della durata dell’inspirazione, durante la quale ci sono pressioni più elevate, rispetto all’espirazione, durante la quale ci sono le pressioni delle vie aeree più basse. (per motivi un po’ complessi questo è particolarmente vero nelle ventilazioni pressometriche o nelle volumetriche con pausa di fine inspirazione)."
RispondiEliminaPuoi spiegarmi meglio quali sono i motivi un po' complessi che rendono particolarmente vera la tua affermazione nelle ventilazioni pressometriche e in quelle volumetriche con pausa. Dipende solo dall"area sotto la curva pressione-tempo o ci sono altri meccanismi?
La spiegazione sta proprio nella area sotto la curva di pressione: nella ventilazione a volume controllato a flusso inspiratorio costante, se allunghi il tempo inspiratorio, a parità di volume corrente, in fase inspiratoria la pressione nelle vie aeree sale più lentamente (proprio perchè eroghi il volume più lentamente). La pressione media aumenta comunque perchè togli tempo all'espirazione, ma l'aumento è limitato. Se vuoi aumentare di più la pressione media, ti conviene allungare il tempo inspiratorio aggiungendo una pausa (e non rallentando il flusso), in maniera tale che eroghi il volume corrente nello stesso tempo, ma poi durante la pausa mantieni la pressione delle vie aeree a livello della pressione di plateau, che viene a sostituire un il periodo della pausa il valore di PEEP: sicuramente in questo caso il guadagno è maggiore.
RispondiEliminaCiao e grazie per il commento.