Alcuni giorni fa sono stato chiamato a collaborare nella gestione di una ventilazione non-invasiva al di fuori della Terapia Intensiva in un paziente con persistente moderata acidosi respiratoria. Dopo aver concordato la variazione del livello di EPAP (ma non parleremo di questo aspetto nel post di oggi), abbiamo cercato di ottimizzare il livello di supporto inspiratorio.
Ricordiamo che IPAP (inspiratory positive airway pressure) ed EPAP (expiratory positive airway pressure) sono i livelli di pressione, rispettivamente inspiratorio ed espiratorio, che si impostano durante la ventilazione non-invasiva su alcuni ventilatori meccanici. Sia IPAP che EPAP sono misurate a partire dalla pressione atmosferica (quindi da una pressione relativa di 0 cmH2O): il livello di supporto inspiratorio (cioè l'aumento di pressione nella fase inspiratoria) equivale alla differenza IPAP-EPAP. In altre macchine la pressione espiratoria è definita PEEP (positve end-inspiratory pressure) ed il livello di supporto inspiratorio PS (pressione di supporto) o ASB (assisted spontaneous breathing): con questa modalità di impostazione la pressione durante l'inspirazione è uguale alla somma di PEEP+PS.
Per cercare il livello di supporto inspiratorio più appropriato, siamo partiti da una differenza IPAP-EPAP di 5 cmH2O fino ad arrivare a 15 cmH2O con aumenti progressivi di 2 cmH2O.
La frequenza respiratoria si è mantenuta costante tra 15 e 20 atti/min a tutti i livelli di supporto inspiratorio, il volume corrente invece è rimasto a circa 500 ml tra 5 e 13 cmH2O, ma è aumentato improvvisamente a 680 ml quando siamo passati a 15 cmH2O di supporto inspiratorio.
Cerchiamo di capire insieme che cosa è successo e come sfruttarlo per la scelta dell'impostazione del ventilatore.
Il supporto inspiratorio è una delle due forze che determina il volume corrente.
Un'altra forza può aggiungersi al supporto inspiratorio per generare il volume corrente: è la pressione generata dai muscoli respiratori del paziente durante l'inspirazione. A differenza del supporto inspiratorio (che decidiamo noi), la pressione generata dai muscoli inspiratori non è misurata durante la ventilazione (perlomeno nella normale pratica clinica), è molto variabile tra i pazienti (ma anche nello stesso paziente può variare da un momento ad un altro), dipende dalla forza muscolare, dal tipo di insufficienza respiratoria, dalle caratteristiche meccaniche dell'apparato respiratorio, dalle esigenze metaboliche e dal livello di supporto inspiratorio.
Semplificando possiamo dire che:
volume corrente = k . (supporto inspiratorio + pressione dei muscoli inspiratori).
Se il volume corrente è rimasto costante a diversi livelli di supporto inspiratorio, possiamo ipotizzare che anche la somma tra supporto inspiratorio e l'attività respiratoria del paziente sia rimasta costante: quindi man mano si aumentava il supporto inspiratorio, si riduceva l'attività dei muscoli inspiratori del paziente.
Vediamo le informazioni che ci aggiunge il monitoraggio grafico della ventilazione. Queste sono le tracce di pressione e flusso con 5 cmH2O di supporto inspiratorio:
Consideriamo l'inspirazione racchiusa nel rettangolo giallo. Ricordiamo che la fase inspiratoria è caratterizzata dal segnale di flusso sopra la linea orizzontale. Il flusso inspiratorio ha una forma strana (nelle ventilazioni pressometriche ce lo aspettiamo decrescente): è caratterizzato da due picchi, un primo più basso (contrassegnato con il numero 1) ed un secondo più alto (numero 2). Il primo picco inizia quando la pressione nelle vie aeree aumenta (cioè si passa dalla EPAP alla IPAP): quindi è certamente determinato dal supporto inspiratorio di 5 cmH2O (ed in qualche misura anche dall'attività dei muscoli inspiratori che ha innescato il passaggio da EPAP a IPAP). Il secondo picco di flusso invece si verifica quando la pressione nelle vie aeree è costante (cioè durante IPAP): in questo caso è generato esclusivamente dall'attività dei muscoli inspiratori, visto che in questa fase non vi è alcun supporto inspiratorio aggiuntivo (cioè nessun ulteriore aumento di pressione). Con 5 cmH2O di supporto inspiratorio, il flusso generato dal paziente è molto superiore di quello prodotto dal ventilatore. Con questo supporto inspiratorio non stiamo certo dando un buon aiuto ad una persona con insufficienza respiratoria (questo non significa che 5 cmH2O non gli possano andare bene in altri momenti, ma certamente non in questo).
Vediamo ora cosa succede al flusso con diversi livelli di supporto inspiratorio:
Vediamo che ad ogni aumento di supporto inspiratorio, si riduce progressivamente il contributo del secondo picco di flusso alla genesi del flusso totale (e quindi del volume corrente). In altre parole, riduciamo il lavoro respiratorio del paziente. In particolare, a 13 e 15 cmH2O di supporto inspiratorio è chiaramente prevalente il flusso ottenuto all'inizio dell'inspirazione rispetto a quello più tardivo, prodotto totalmente dal paziente.
Se vogliamo quindi erogare un buon supporto inspiratorio in questo paziente in questo momento della sua fase di insufficienza respiratoria, possiamo iniziare la ventilazione con supporto inspiratorio di 13-15 cmH2O. Da notare che con 15 cmH2O aumenta il volume corrente, e questo potrebbe essere un segno di sovrassistenza: una scelta di solito non consigliabile (a meno che il volume corrente non sia inizialmente troppo piccolo o l'obiettivo clinico il riposo completo dei muscoli respiratori).
Il caso che abbiamo visto oggi è molto particolare: solo in alcune condizioni si vede un doppio picco di flusso inspiratorio, più spesso le variazioni di flusso a differenti supporti inspiratori sono più sfumate. Inoltre esistono molti altri eventi dell'interazione paziente-ventilatore da considerare nell'impostazione della ventilazione, non-invasiva o invasiva che sia. Avremo certo modo di discuterne in post futuri.
A questo punto penso risulti evidente che non può esistere un livello ottimale di supporto inspiratorio noto "a priori". L'approccio migliore è quello di verificare continuamente l'effetto di ciò che facciamo su pattern respiratorio, monitoraggio grafico, sintomi ed emogasanalisi (quest'ultima nella ventilazione non-invasiva è un po' più importante rispetto ai pazienti intubati).
Ricordiamo che quando fallisce una ventilazione non-invasiva la probabilità di morte del paziente è molto elevata. E' di vitale importanza sapere bene quando farla e quando non farla, quando iniziarla e quando dichiarala fallita e scegliere l'intubazione; conoscere la fisiopatologia dei vari tipi di insufficienza respiratoria per scegliere le strategie ventilatorie appropriate; saper valutare l'interazione paziente-ventilatore e ad essa adeguare continuamente il setting del ventilatore, ecc. ecc. La ventilazione non-invasiva può diventare un'arma letale se si pensa che per farla sia sufficiente mettere una maschera in faccia e schiacciare due bottoni su una macchina.
Riassumendo, il supporto inspiratorio dovrebbe:
Ovviamente nei casi di ipercapnia l'emogasanalisi arteriosa ci deve successivamente confermare la riduzione della PaCO2.
Buon anno a tutti gli amici di ventilab e buona ventilazione a tutti i nostri pazienti.
Se vogliamo quindi erogare un buon supporto inspiratorio in questo paziente in questo momento della sua fase di insufficienza respiratoria, possiamo iniziare la ventilazione con supporto inspiratorio di 13-15 cmH2O. Da notare che con 15 cmH2O aumenta il volume corrente, e questo potrebbe essere un segno di sovrassistenza: una scelta di solito non consigliabile (a meno che il volume corrente non sia inizialmente troppo piccolo o l'obiettivo clinico il riposo completo dei muscoli respiratori).
Il caso che abbiamo visto oggi è molto particolare: solo in alcune condizioni si vede un doppio picco di flusso inspiratorio, più spesso le variazioni di flusso a differenti supporti inspiratori sono più sfumate. Inoltre esistono molti altri eventi dell'interazione paziente-ventilatore da considerare nell'impostazione della ventilazione, non-invasiva o invasiva che sia. Avremo certo modo di discuterne in post futuri.
A questo punto penso risulti evidente che non può esistere un livello ottimale di supporto inspiratorio noto "a priori". L'approccio migliore è quello di verificare continuamente l'effetto di ciò che facciamo su pattern respiratorio, monitoraggio grafico, sintomi ed emogasanalisi (quest'ultima nella ventilazione non-invasiva è un po' più importante rispetto ai pazienti intubati).
Ricordiamo che quando fallisce una ventilazione non-invasiva la probabilità di morte del paziente è molto elevata. E' di vitale importanza sapere bene quando farla e quando non farla, quando iniziarla e quando dichiarala fallita e scegliere l'intubazione; conoscere la fisiopatologia dei vari tipi di insufficienza respiratoria per scegliere le strategie ventilatorie appropriate; saper valutare l'interazione paziente-ventilatore e ad essa adeguare continuamente il setting del ventilatore, ecc. ecc. La ventilazione non-invasiva può diventare un'arma letale se si pensa che per farla sia sufficiente mettere una maschera in faccia e schiacciare due bottoni su una macchina.
Riassumendo, il supporto inspiratorio dovrebbe:
- essere progressivamente aumentato fino a quando:
- il profilo della curva di flusso inspiratorio mostra un unico picco iniziale oppure, se questo non fosse possibile (come nel caso illustrato nel post), un picco iniziale chiaramente prevalente sull'eventuale picco di flusso successivo;
- il volume corrente, una volta raggiunto un valore ragionevole (5-8 ml/kg di peso ideale), non inizia ad aumentare ad ogni successivo aumento di supporto inspiratorio;
- non si riduce significativamente la dispnea e, quando presente, l'utilizzo dei muscoli inspiratori accessori (soprattutto lo sternocleidomastoideo)
- essere rivalutato frequentemente perchè le esigenze del paziente sono variabili. Se un paziente è supportato bene, potrebbe dopo poco tempo richiedere un livello di assistenza inferiore.
Ovviamente nei casi di ipercapnia l'emogasanalisi arteriosa ci deve successivamente confermare la riduzione della PaCO2.
Buon anno a tutti gli amici di ventilab e buona ventilazione a tutti i nostri pazienti.
Riproduciamo qui i commenti CON IMMAGINI originariamente pubblicati su ventilab.org (per i commenti senza immagini, vedi la sezione commenti al termine del post):
Grazie come sempre, per efficacia e chiarezza.
RispondiEliminaAlcuni ventilatori che utilizzo ( es. Elisèe - Vivisol) lavorano "sopra Peep" e la pressione inspiratoria erogata è eguale solo al supporto impostato ( senza sottrarre o sommare). Ti risulta ?
Elio
Un sussulto magnifico all'affermazione:"La ventilazione non-invasiva può diventare un’arma letale se si pensa che per farla sia sufficiente mettere una maschera in faccia e schiacciare due bottoni su una macchina". Ritengo poi che una fase delicata e cruciale sia l'iniziale posizionamento dei presidi per NIV e collateralmente la ricerca di collaborazione "contrattuale"con il paziente(che spesso è ansioso, irritabile, agitato etc). Solitamente chi ben comincia... Due domande: 1) Quali sono gli errori frequentemente riscontrati nel posizionamento della maschera e quali accorgimenti per una buona NIV? 2)Quale umidificazione delle vie aeree in NIV? Un saluto anche da amici e colleghi che lavorano in R.S.A., in servizi A.D.I. e reparti sub-intensivi, infermieri che quotidianamente si occupano di ventilazione non invasiva. Cristian
RispondiEliminaNormalmente quando si parla di "sopra PEEP" si intende in supporto inspiratorio, quindi l'incremento di pressione rispetto alla fase espiratoria. Quindi, ad esempio, se avessimo 5 cmH2O di PEEP e 15 cmH2O "sopra PEEP", la pressione nelle vie aeree durante l'inspirazione sarebbe di 20 cmH2O.
RispondiEliminaQuesta modo di esprimersi era tipico in anni passati anche di ventilatori da terapia intensiva, come il rivoluzionario (per gli anni '80) Servo Ventilator 900C.
1) a mio parere la maschera deve essere inizialmente tenuta sul viso del paziente dalle mani dell'operatore con bassi livelli di assistenza (esempio: CPAP 5 cmH2O o EPAP 5, IPAP 10 cmH2O). Solo quando si trova la posizione giusta senza perdite (o con il minimo possible di perdite), si possono fissare le fasce che tengono in sede la maschera STRETTE CON LA MINOR TENSIONE POSSIBILE. A questo punto si procede con l'incremento delle pressioni di ventilazione fino al livello desiderato, eventualmente aggiustando delicatamente la tensione dellfasce di fissaggio della maschera per ottimizzare le perdite.
RispondiElimina2) L'argomento è molto articolato. I ventilatori a turbina (cioè tutti quelli che non hanno bisogno dei gas compressi), utilizzano l'aria ambientale e quindi erogano al paziente una umidità maggiore dei ventilatori da terapia intensiva che utilizzano invece gas secchi: quindi l'umidificazione dei primi dovrà essere inferiore a quella di questi ultimi. Le perdite di gas causano una perdita espiratoria di umidità, quindi tanto maggiori le perdite, tanto maggiore la necessità di umidificazione. Bisogna tenere conto, ovviamente, anche del volume di gas fresco erogato che entra nel circuito inspiratorio: alti flussi = elevata necessità di umidificazione. Da un punto di vista pratico potremmo sintetizzare così un possibile approccio ragiovevole: nella NIV con maschera facciale e circuito bitubo, in assenza di perdite si potrebbero utilizzare tranquillamenti gli HME. Megli altri casi invece un'umidificazione attiva potrebbe essere preferibile. Il problema è la temperatura da impostare: a mio parere la massima temperatura che evita condense o effetto nebbia sull'interfaccia di ventilazione (maschera o casco, dove in realtà si trova l'aria che inspira il paziente).
argomento molto interessante, quindi la differenza tra pressure support e bipap (per ventilatori non da terapia intensiva) è sostanzialmente nell'algoritmo con cui lavora il ventilatore cioè sopra o sotto peep rispettivamente?
RispondiEliminaE' proprio così:
RispondiElimina1) alcuni ventilatori applicano sia la pressione inspiratoria che quella espiratoria partendo dalla pressione atmosferica. In questo caso la pressione inspiratoria è solitamente definita "IPAP", "Pressione inspiratoria", "Pressione alta" (dipende dal ventilatore e dalla modalità di ventilazione). E' così anche nelle modalità BIPAP/APRV/Bilevel ecc. dei ventilatori di Terapia Intensiva. In questi casi il supporto inspiratorio è dato da differenza pressione inspiratoria - pressione espiratoria (che equivale al pressure support).
2) altri ventilatori (e modalità di ventilazione) invece calcolano la pressione inspiratoria al di sopra della PEEP. In questi casi si parla di pressione di supporto o pressione controllata (a seconda del tipo di ventilazione).
Se non si sa come funzionano ventilatore e modalità che si normalmente utilizzano, basta impostare il ventilatore ed osservare il monitoraggio delle pressioni delle vie aeree: se la pressione di picco è simile alla pressione inspiratoria impostata, siamo nella condizione descritta al punto 1; se la pressione di picco è simile alla somma pressione di supporto + la PEEP siamo nella condizione del punto 2.
Quindi siamo concordi nel dire che alcuni "ventilatori (e modalità di ventilazione) invece calcolano la pressione inspiratoria al di sopra della PEEP". E che questa pressione (così come quella risultante dalla differenza tra IPAP ed EPAP) è quella che, secondo l'equazione di moto, aiuta a vincere le resistenze elastiche.
RispondiEliminaOvviamente altro è la pressione di picco o la pressione totale sull'apparato respiratorio.
Saluti
Siamo d'accordo, Elio. Con la precisazione che il supporto inspiratorio serve a vincere tutti i carichi previsti nell'equazione di moto: carico elastico e carico resistivo. Il carico soglia invece riduce di fatto il supporto inspiratorio efficace perchè é la vera pressione espiratoria.
RispondiEliminaCaro Giuseppe
RispondiEliminai tuoi post sono sempre un interessante stimolo al ragionamento e alla discussione. Sono sempre stato convinto che la NIV sia molto più complicata della ventilazione invasiva e che prima di esser un buon noninvasivista bisogna essere degli esperti invasivisti soprattutto se penso a quei ptz gravemente dispnoici e a rischio IOT che devo ventilare con una metodica particolarmente gravata da problemi di disadattamento e quindi potenzialmente in grado di aumentare il loro lavoro respiratorio ( scompensandoli) Spesso, come hai detto , non abbiamo una misura della pressione generata dai muscoli respiratori ( e penso alla pressione esofagea ) e quindi dobbiamo affidarci a deduzioni e alla valutazione clinica al letto del ptz per capire che cosa sta succedendo quando ventiliamo un ptz . Guardando le curve che ci hai presentato mi sono chiesto se una spiegazione alternativa al basso supporto pressorio potesse essere un problema di erogazione del supporto stesso . Alcuni apparecchi da NIV ( in particolare quelli a turbina ) presentano erogazioni molto brusche (ie:rampe molto ripide ) che il ptz asseconda con difficoltà’ . Guardando le curve di pressione a 5 cmH2O di supporto ho notato due piccoli picchi ( uno iniziale e uno terminale sincroni con i due picchi di flusso ) : l’ipotesi sarebbe che il flusso sparato ad alta velocita’ all’inizio dell’atto trovi il ptz impreparato ad assecondarne la velocita’ provocando un rapido aumento della Paw ( primo picco):il secondo picco di flusso accompagnerebbe si ,questa volta, il vero atto inspiratorio del ptz sempre con una certa accelerazione di nuovo in grado di provocare il secondo piccolo picco di pressione teleinspiratoria . Cosa ne pensi ? Se è una ipotesi accettabile pensi che una riduzione della rampa avrebbe potuto migliorare il match ptz-macchina riducendo il disadattamento e migliorando il VT?
Saluti con affetto a te a Daniele e ad Antonio
PS mi piacerebbe molto che affrontassi nei tuoi post nella maniera semplice e chiara che ti è solita , il problema lavoro respiratorio e degli strumenti / parametri che ci permettono di valutarlo e quantificarlo , con particolare riferimento ai casi di disadattamento .
Caro Marco, sei veramente un osservatore attento e competente! Non per niente ti abbiamo voluto nel gruppo di validazione delle immagini per lo studio PEEPiPEEP! (a proposito, avviso ai partecipanti: anche se con lentezza, sto scrivendo. Tra qualche settimana spero di poter mandare a tutti la prima parte del lavoro).
RispondiEliminaIn effetti il problema che tu hai evidenziato si aggiungeva (più finemente) a quello che ho presentato nel post, che comunque era l'aspetto nettamente prevalente.
Sono sicuro di questo perchè, al letto del paziente, anche io notato quello che hai messo in evidenza nel tuo commento. Quindi, dopo aver valutato diversi i livelli di supporto inspiratorio (come discusso nel post), ho valutato anche diverse velocità della rampa: rallentando progressivamente la rampa (che stata impostata a 1) fino a 3 (il ventilatore era un Philips Respironics V60), ho ulteriormente migliorato l'interazione paziente-ventilatore.
Nel post non ho volutamente parlato di questo aspetto perchè avrei complicato troppo il caso e fatto perdere il focus sulla comprensione dei criteri di scelta del supporto inspiratorio (che ritengo sia prioritario).
Poi, certamente, anche le finezze aiutano ad ottimizzare l'efficacia della ventilazione.
Grazie e ciao.
Osservando le curve si direbbe che l'incremento progressivo del livello di PS sia stato applicato lasciando immodificata la pendenza della rampa (Beppe correggimi se non è così), quindi l'effetto osservato sul flusso inspiratorio sembrerebbe da ascrivere unicamente alla variazione di IPAP. D'altronde mi immagino che con l'applicazione di un deltaP progressivamente maggiore in presenza di una pressurizzazione molto veloce il disadattamento del paziente sarebbe peggiorato.
RispondiEliminaL'ipotesi di Marco resta comunque anche a mio parere molto ragionevole.
Un caro saluto, Marco!
PS. Qualcosa sull'aspetto del lavoro respiratorio era stato detto nel bel post del 28/06/2014