La rimozione della tracheocannula è processo che deve essere affrontato in tutti i pazienti tracheotomizzati che sono svezzati dalla ventilazione meccanica. Abbiamo già trattato l'argomento nel post del 10/03/2012, con particolare riferimento alla grave cerebrolesione acquisita.
Oggi vorrei riprendere ed approfondire il processo di rimozione della tracheocannula.
Se possibile, la tracheocannula dovrebbe essere già rimossa in Terapia Intensiva. Quando questo non è possibile, medici ed infermieri della Terapia Intensiva dovrebbero visitare regolarmente i pazienti dimessi con tracheotomia nei reparti dell'ospedale: in questo modo si può efficacemente rimuovere la tracheocannula anche in corsia senza dover trattenere il paziente in Terapia Intensiva (1).
Il processo di rimozione della tracheocannula è ancora oggi più arte che scienza. Personalmente seguo una strada molto semplice: nei pazienti svezzati dal ventilatore, valuto tosse e deglutizione (vedi post del 10/03/2012): se queste sono inadeguate, rimando qualsiasi tentativo di decannulazione alla fase riabilitativa. Se viceversa tosse e deglutizione sono efficaci, scuffio la tracheocannula per 2-3 giorni, facendo alimentare il paziente per os: se il paziente resta ininterrottamente in respiro spontaneo durante tutto questo periodo, rimuovo la tracheocannula. Tutto qui.
Non so se questo approccio in realtà sia più semplicistico che semplice: posso però dire che non ho mai dovuto affrontare un'insufficienza respiratoria legata alla rimozione della tracheocannula.
Esistono approcci più articolati al processo di decannulamento. Mi fa piacere presentare il contributo proposto dal dott. Davide Mazzon, direttore della UO di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Belluno. Qui di seguito l'algoritmo che il dott. Mazzon ha gentilmente messo a disposizione di tutti gli amici di ventilab:
Capping trial
La pervietà delle vie aeree prossimali è valutata con un capping trial: la cannula viene scuffiata e l'estremità esterna viene chiusa (vedi figura a fianco). Se il paziente è in grado di respirare anche in queste condizioni (quindi si accerta la pervietà delle vie aeree), si sostituisce la tracheocannula con una cannula non cuffiata di ridotto diametro. Questo precede il decannulamento definitivo, che avviene dopo 1-2 giorni di respiro spontaneo in parte con la tracheocannula chiusa.
Ritengo che, al di là delle singole scelte, l'importante sia avere un approccio strutturato al decannulamento: bisogna averlo come obiettivo e procedere con uno schema ben preciso.
Mi piacerebbe che su questo tema, in cui l'empirismo prevale sulle evidenze scientifiche, ci fosse uno scambio di esperienze e commenti: in questo modo la comunità di ventilab può favorire la diffusione di una buona pratica clinica nel processo di decannulamento.
Un saluto a tutti.
Bibliografia
1) Tobin AE et al. An intensivist-led tracheostomy review team is associated with shorter decannulation time and length of stay: a prospective cohort study. Crit Care 2008, 12:R48
Salve innanzitutto mi congratulo per il vostro blog, trovo molto interessante l'algoritmo di Mazzon, anche se nella pratica giornaliera anche io uso procedure più semplici e talvolta efficaci simili alle tue.
RispondiEliminaCiao,
RispondiEliminaho letto con molto interesse il nuovo post sullo svezzamento dalla cannula.
Devo dire che il protocollo corrisponde quasi completamente a ciò che facciamo noi:
scuffiatura, riduzione del calibro e capping progressivo.
Noi alla rimozione facciamo sempre precedere una fibroscopia, fondamentalmente perchè i pazienti quando arrivano in riabilitazione sono portatori di cannula già da molto tempo e l'incidenza di complicanze è alto.
L'unica differenza che trovo riguarda lo stato di coscienza: il nostro approccio non si modifica in caso di alterazione dello stato di coscienza. Ovviamente la valutazione preliminare non potrà conprendere la tosse volontaria.
In molte riabilitazioni la rimozione della cannula viene effettuata anche nei pazienti che non presentano un recupero completo della coscienza laddove esistano i presupposti (es tosse efficace, etc); vengono rimosse quindi frequentemente cannule anche in pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza.
So che è un argomento molto dibattuto ed è sempre una decisione difficile da prendere. Il contesto riabilitativo però permette un'osservazione prolugata nel tempo (anche mesi) non solo del paziente ma anche dei care givers che dovranno occuparsi del paziente postdimissione.
L'ultima Consensus Conference sulle Gravi Cerebrolesioni (2010) fornisce queste raccomandazioni finali: " si sottolinea che la decannulazione sia possibile anche in casi selezionati di pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza dopo aver verificato la presenza di una tosse efficace e della deglutizione automatica".
Vi ringrazio ancora per questa opportunità di confronto. Ho segnalato il sito anche ad altre figure parte dell'equipe riabiliativa (es logopedisti) con cui ogni giorno ci confrontiamo per ampliare i punti di vista.
Chiara Mulè
Benvenuto tra i commentatori di ventilab.
RispondiEliminaVedo che siamo sulla stessa lunghezza d'onda: all'inizio anche io ero più "complicato" nell'approccio alla decannulazione. Poi ho maturato un approccio più elementare, sia vedendo che era efficace (e, limitatamente all'esperienza personale, sicuro), sia constatando che mancava una solida evidenza scientifica che potesse guidare alla miglior strategia.
Mi piacerebbe che il dialogo su ventilab potesse portarci ad una condivisione delle esperienze e ad un miglioramento della nostra pratica clinica.
Grazie per il commento ed a presto.
Grazie Chiara, come sempre.
RispondiEliminaUna domanda per te e per Davide Mazzon: quali sono i vantaggi, sia teorici che documentati, della riduzione del calibro della cannula?
La discussione provocata dal primo intervento della Collega Mulè è una ventata di novità in un una vera e propria "zona grigia" della gestione della tracheocannula in TI e "oltre" la TI. Concordo con la Collega che anche una severa compromissione di coscienza “stabilizzata” (Es.:PVS) non è una controindicazione assoluta al passaggio ad una cannula priva di cuffia ed al downsizing. In genere però tale diagnosi viene posta dopo l'uscita del paziente con cerebrolesione dalla TI, e ciò comporta che lo svezzamento dalla cannula sia gestito in aree riabilitative da specialisti diversi diversi dagli Anestesisti/Rianimatori, cui è espressamente rivolto l'algoritmo da noi proposto. Anche noi ricorriamo alla fibrobroncoscopia in caso di fallimento del primo "capping test" o del successivo "capping trial"; la risparmiamo solo quando tutto fila liscio. Circa il "downsizing" prima della decannulazione, esso trova giustificazione nel garantire la possibilità di un accesso tracheale in caso di necessità in pazienti non ancora pronti per il trasferimento dalla TI, riducendo il traumatismo ad esso associato e facilitando l'uso della valvola fonatoria a scopo riabilitativo. In pratica, noi passiamo da una cannula con ID 8-9 ad una con ID 5-6 non dotata di cuffia prima della decannulazione, mantenendo quest'ultima per un tempo variabile e dipendente caso per caso da: difficoltà di gestione delle vie aeree, grado di compromissione delle condizioni generali, quantità e tipo delle secrezioni tracheobronchiali e capacità del paziente di rimuoverle autonomamente, necessità di effettuare test e prove di deglutizione.
RispondiEliminaConcordo perfettamente con Mazzon: il suo commento mi sembra già completo.
RispondiElimina- il setting riabilitativo è anche secondo me quello più adeguato per la valutazione dello svezzamento da cannula in caso di compromissione dello stato di coscienza. Si ha infatti la possibilità di osservare e valutare il paziente per lungo periodo ed in condizioni relativamente "stabili" rispetto a come lo vedete in TI. E' una decisione complessa e strettamente correlata all'evoluzione del quadro neurologico e soprattutto della deglutizione su cui si lavora in equipe.
- per quanto riguarda il downsizing, in realtà Beppe, non in tutte le riabilitazioni viene effettuato: anche secondo me è da effettuarsi quando si prevede che la rimozione della cannula non sia immediata; si riducono i danni locali dal mantenimento prolungato di una cannula e si sostituisce la cannula con una priva di cuffiatura che è meno dannosa per i tessuti tracheali.
Inoltre mi è capitato spesso che pazienti con cannule di grande diametro come quelle usate in TI facciano fatica a superare il capping trial perchè una volta tappata la cannula lo spazio residuo tra cannula e parete tracheale è ridotto e l'aria che passa non è sufficiente.
Quando passiamo ad una cannula di diametro 4 l'ingombro è ridotto e il capping trial vien superato più brillantemente.
Grazie ancora per il confronto.
Chiara Mulè
Dimenticavo:
RispondiEliminami fa inoltre molto piacere che nell'algoritmo del collega il paziente venga trasferito dalla TI ai reparti successivi con una cannula già priva di cuffiatura, ovviamente nei casi in cui è possibile e dopo esser stato sottoposto ad un'adeguata valutazione.
Il mantenimento della cannula cuffiata infatti in un reparto che ha degli standar di personale infermieristico ridotto rispetto alla TI è considerato un rischio. Non sempre nei reparti post TI il problema viene affrontato in tempi adeguati ed il paziente nel frattempo mantiene la cannula cuffiata.
Cito ancora le conclusioni dell'ultima Consensus Conference sulle GCA: "si raccomanda che la cannula non venga mantenuta cuffiata, soprattutto in pazienti non costantemente monitorati".
e sicuramente nei nostri reparti il livello di monitoraggio non è quello di una TI.
Grazie ancora,
Chiara Mulè