Una delle cause di ventilator-induced lung injury (VILI) è lo stress, definito come la forza applicata alle pareti alveolari alla fine dell'inspirazione.
I cardini della ventilazione protettiva sono volti a limitare lo stress: ridurre il volume corrente è la premessa per ridurre la forza che agisce sugli alveoli. Questa forza è usualmente stimata dalla pressione di plateau a fine inspirazione: il limite di 30 cmH2O è ritenuto un'approssimazione dello stress massimo tollerabile dai polmoni (1). Ricordiamo che la pressione di plateau si misura nelle vie aeree e si ottiene con un'occlusione di fine inspirazione di circa 3 secondi in un paziente passivo.
La pressione transpolmonare è la differenza tra la pressione interna agli alveoli (mediamente uguale alla pressione di plateau) e la pressione che si trova all'esterno degli alveoli (cioè la pressione pleurica durante l'occlusione di fine inspirazione) (2). Nella figura 1 puoi visualizzare il concetto: PALV è la pressione alveolare, PPL la pressione pleurica e PTPla pressione transpolmonare.
Figura 1
Riassumendo: lo stress è la pressione transpolmonare che otteniamo sottraendo alla pressione di plateau misurata nelle vie aeree (cioè dentro gli alveoli) la pressione rilevata nella pleura durante l'occlusione di fine inspirazione.
Poichè la pressione pleurica non è facile da misurare, si è deciso di sostituirla con la pressione di una struttura che contigua alla pleura, cioè l'esofago toracico. La pressione in esofago è simile ma non è uguale a quella pleurica: mediamente, in un soggetto supino, è più elevata di circa 5 cmH2O (3).
Sembrerebbe tutto semplice, se non fosse che alcuni identificano lo stress con la variazione di pressione transpolmonare tra fine inspirazione e fine espirazione (4,5). A questo scopo si misura la pressione transpolmonare a fine espirazione (PEEP totale meno la pressione esofagea durante un'occlusione di fine espirazione) e la si sottrae alla pressione transpolmonare di fine inspirazione (vedi figura 2). In altre parole si valuta la variazione di pressione traspolmonare associata alla insufflazione.
Figura 2
Quando si sente parlare di stress e ventilazione meccanica, bisogna capire bene a quale stress si fa riferimento: al valore della pressione transpolmonare a fine inspirazione o alla variazione inspiratoria della pressione transpolmonare.
Quale stress scegliere per ottimizzare la ventilazione nel paziente con ARDS?
Come sempre, cercherò di essere pragmatico e di giungere alla conclusione più utile nella pratica clinica.
Senza nulla togliere alla variazione inspiratoria di pressione transpolmonare (che peraltro è interessante perchè legata al concetto di strain, un altro fattore che sembra essere coinvolto nel VILI), ritengo che allo stato attuale delle conoscenze si possa fare riferimento, nella pratica clinica, al solo stress identificato dalla pressione transpolmonare di fine inspirazione. Ci sono almeno quattro buoni motivi per fare questa scelta:
- la strategia di ventilazione meccanica che limita la pressione di plateau, identificata come stima dello stress, è efficace nel ridurre la mortalità nei pazienti con ALI/ARDS (1) . La pressione transpolmonare di fine inspirazione altro non è che il miglior modo per misurare la pressione di plateau;
- esiste un trial clinico che dimostra un miglioramento della funzione polmonare (e di fatto anche della mortalità) nei pazienti che affidano la limitazione dello stress alla pressione transpolmonare di fine inspirazione (6);
- la pressione transpolmonare di fine inspirazione, a differenza della variazione inspiratoria della pressione transpolmonare, include anche lo stress preinsufflazione, cioè il valore di pressione transpolmonare prima che inizi l'insufflazione (2);
- ultimo, ma non meno importante, la pressione transpolmonare a fine inspirazione è più semplice sia da calcolare e che da capire. E sappiamo che nella pratica clinica più le cose sono semplici, più è facile che siano realmente implementate.
E quale è il valore limite accettabile della pressione transpolmonare a fine inspirazione? Nel trial clinico sui pazienti con ARDS il limite massimo accettato era di 25 cmH2O. A mio parere questa soglia dovrebbe essere precauzionalmente abbassata: nella pratica clinica utilizziamo la pressione esofagea in sostituzione della pressione pleurica. Ma ricordiamo che la pressione esofagea è una sovrastima (vedi sopra) imprecisa della pressione pleurica (3,7); inoltre nella pleura vi sono differenti valori regionali di pressione: in posizione supina, a livello ventrale la pressione è più bassa di quella dorsale. Quindi per limitare efficacemente lo stress soprattutte nelle zone ventrali del polmone (dove si annida l'iperinflazione e con la più bassa pressione pleurica) ritengo sia prudente ridurre la soglia di pressione transpolmonare accettabile a 15-20 cmH2O.
Restano molte altre cose da dire sulla pressione transpolmonare, ma molte ne abbiamo già dette. Prossimamente approfondiremo ancora questo argomento, magari focalizzando l'attenzione su ciò che gli amici di ventilab riterrano più interessante.
Ciao a tutti ed a presto!
Bibliografia.
1) Acute Respiratory Distress Syndrome Network. Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional tidal volumes for acute lung injury and the acute respiratory distress syndrome. N Engl J Med 2000; 342: 1301–8
2) Loring SH et al. Esophageal pressures in acute lung injury: do they represent artifact or useful information about transpulmonary pressure, chest wall mechanics, and lung stress? J Appl Physiol 2010; 108: 515–22
3) Talmor D et al. Esophageal and transpulmonary pressures in acute respiratory failure. Crit Care Med 2006; 34:1389-94
4) Gattinoni L et al. The concept of “baby lung”. Intensive Care Med 2005; 31:776–84
5) Chiumello D et al. Lung stress and strain during mechanical ventilation for Acute Respiratory Distress Syndrome. Am J Respir Crit Care Med 2008, 178:346–55
6) Talmor D et al. Mechanical ventilation guided by esophageal pressure in Acute Lung Injury. N Engl J Med 2008; 359:2095-104
7) Washko GR et al. Volume-related and volume-independent effects of posture on esophageal and transpulmonary pressures in healthy subjects. J Appl Physiol 2006; 100: 753-8
Beppe hai una capacità di sintesi notevole.
RispondiEliminain effetti la determinazione della transpolmonare in inspirazione risulta facile ed efficace, ma, corregimi se sbaglio, la determinazione a fine espirazione non ci consente di meglio di valutare la migliore peep e volume corrente?
La pressione transpolmonare a fine espirazione può essere utile per definire il livello di PEEP ottimale, in alternativa agli approcci più tradizionali fondati sull'elastanza o sull'ossigenazione. Chi segue questo approccio sceglie la PEEP per ottenere una pressione transpolmonare di fine espirazione mai negativa e tanto più alta quanto peggiore è la disfunzione polmonare (vedi reference 6 del post). Pressione transpolmonare non negativa vuol dire che si vuole ottenere una PEEPtotale superiore o uguale alla pressione esofagea di fine espirazione. L'approccio è interessante perchè si pone l'obiettivo di limitare i fenomeni di chiusura alveolare a fine espirazione; è comunque un approccio che lascia delle incertezze sia perchè la pressione esofagea è solo un'approssimazione della pressione pleurica e sia perchè non esiste un'unica pressione pleurica ma una distribuzione di diverse pressioni pleuriche (ref. 2). La mia opinione è che possa essere ragionevole aumentare la PEEP se la pressione transpolmonare di fine espirazione è chiaramente negativa: questo lascia presumere che esistano aree di polmone sottoposte a forze che possono facilitarne il collasso espiratorio.
RispondiEliminaLa valutazione dell'appropriatezza del volume corrente riguarda maggiormente la pressione transpolmonare a fine inspirazione.
Caro Giuseppe,
RispondiEliminaTi chiedo se in NIMV ha senso parlare di ventilazione protettiva e quali accorgimenti eventualmente bisogna prendere per evitare comunque lo stress. Nei pazienti iperinsufflati tendo comunque ad evitare alti valori di PSV per cercare di ottenere un volume corrente tale da potere essere tutto "espirato" ed evitare ulteriore iperinflazione nelle zone ad alta costante di tempo:in qualche modo è questa una "protezione" ?
Grazie per tutto quello che ci trasmetti con perizia e semplicità.
Ritengo che sia sempre ragionevole rispettare i principi fondamentali della ventilazione protettiva (limitazione del volume corrente e della pressione alveolare) (vedi i post sulla ventilazione dei polmoni sani). Quindi questo vale anche per la NIV dove, per la verità, è però veramente difficile (e sconsigliato) arrivare ad alte pressioni di insufflazione.
RispondiEliminaIl vantaggio della limitazione del volume corrente nei pazienti ostruttivi è però legato, come fai notare, alla riduzione dell'iperinflazione dinamica, che può aumentare l'efficienza della ventilazione. Infatti meno iperinflazione significa miglior precarico diaframmatico (legge di Starling), più pressione a parità di tensione muscolare (legge di Laplace), ventilazione efficace alle basi polmonari (mantenimento della zona di apposizione diaframmatica). Inoltre la riduzione della iperinflazione potrebbe associarsi al miglioramento dell'elastanza: quindi lo stesso volume corrente può essere ottenuto con pressioni inferiori.
Da non trascurare infine che i soggetti con lunga costante di tempo spesso hanno bassa elastanza polmonare: questo significa che l'impatto emodinamico dell'iperinflazione dinamica può essere particolarmente rilevante, sia a livello sistemico (ipotensione e bassa portata) che a livello locale (riduzione della perfusione diaframmatica).
In sintesi: è proprio difficile che nella pratica clinica (NIV inclusa) servano volumi correnti superiori a 6-7 ml/kg, mentre a volte questi possono dare gravi problemi. Quindi la ventilazione protettiva è ragionevole anche per la NIV.
Ciao Elio e grazie per il commento.