La pronazione nei pazienti con insufficienza respiratoria è un argomento controverso. C'è chi fa finta che non esista, chi la farebbe a tutti quelli che entrano in Terapia Intensiva, chi non sa cosa fare. Come tutti, anche io cado in una di queste categorie. Ma svelerò alla fine in quale mi identifico.
La pronazione nei pazienti con ALI/ARDS è stata oggetto di due trial randomizzati e controllati multicentrici italiani (1,2).
Il primo trial (1) ha arruolato pazienti con ALI (PaO2/FIO2 < 300) e ARDS (PaO2/FIO2 < 200). Sono stati confrontati pazienti trattati senza pronazione e pazienti sottoposti a pronazione per almeno 6 ore al giorno per 10 giorni. Non è stata osservata nessuna differenza di mortalità tra i due gruppi nonostante i pazienti durante la pronazione avessero un miglioramento dell'ossigenazione. Anche le disfunzioni d'organo non erano diverse tra pronati e non pronati. I pazienti pronati presentavano un aumento di lesioni da decubito, ovviamente sviluppate nelle zone di contatto durante la pronazione (guance, torace, mammelle, creste iliache, ginocchia).
Il secondo studio (2) ha arruolato solo pazienti con ARDS ed ha confrontato pazienti non pronati con pazienti sottoposti ad almeno 20 ore di pronazione al giorno fino alla risoluzione dell'insufficienza respiratoria. Anche in questo caso nessuna differenza di mortalità e di disfunzioni d'organo e nemmeno differenze nella durata della degenza o della ventilazione meccanica. Si è invece osservato un aumento delle complicanze nei pazienti pronati: ostruzione delle vie aeree, desaturazione transitoria, vomito, ipotensione, aritmie, aumento dei vasopressori, perdita di accessi venosi e dislocazioni del tubo tracheale, necessità di utilizzo di sedativi e miorilassanti.
Quest'anno è infine stata pubblicata una meta-analisi (3) con l'obiettivo di verificare se nei pazienti con ipossiemia più grave (PaO2/FIO2 < 100) la pronazione fosse in grado di ridurre la mortalità. La pronazione ha ridotto la mortalità (RR 0.8, CI 95% 0.74-0.96) nei pazienti con PaO2 FIO2 < 100, rivelandosi inefficace nei pazienti con PaO2/FIO2 > 100 (RR 1.07, CI 95% 0.93-1.22). Anche nella metanalisi si conferma il miglioramento dell'ossigenazione durante la pronazione e l'aumento della probabilità di avere effetti collaterali (ulcere da decubito, ostruzione del tubo tracheale, rimozione di drenaggi toracici). La pronazione si è associata ad una riduzione dell'incidenza di polmoniti associate alla ventilazione, senza peraltro ridurre la durata della ventilazione ne' aumentare i giorni liberi da ventilazione.
Che dire alla fine di tutto ciò?
A mio giudizio la pronazione comporta un notevole sforzo organizzativo (impegna almeno 4 persone, meglio se si è in 5) ed è associata alla possibilità di complicanze potenzialmente gravi per il paziente (2). Per tale motivo la pronazione non deve nemmeno essere presa in considerazione in assenza di ARDS o se la ARDS non si associa ad una grave ipossiemia. Può essere considerata se, dopo avere ottimizzato la ventilazione protettiva, si ha una ossigenazione critica per la sopravvivenza del paziente. E quale è un'ossigenazione critica per il paziente? I trial clinici sulla ARDS ci suggeriscono che è sufficiente ottenere una PaO2 di 55 mmHg (4). Quanti pazienti di questo tipo ti capitano in un anno?
Bibliografia:
- Gattinoni L et al. Effect of prone positioning on the survival of patients with acute respiratory failure. N Engl J Med 2001; 354:568-73
- Taccone P et al. Prone positioning in patients with moderate and severe acute respiratory distress syndrome. A randomized controlled trial. JAMA 2009; 302:1977-84
- Sud S et al. Prone ventilation reduces mortality in patients with acute respiratory failure and severe hypoxemia: systematic review and meta-analysis. Intensive Care Med 2010; 36:585-99
- ARDS Network. Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional for acute lung injury and the acute respiratory distress sindrome. N Engl J Med 2000, 342:1301-8
Nel corso degli anni ho praticato alcune volte la pronazione e concordo sul fatto che è impegnativa dal punto di vista organizzativo e delle possibili complicanze; inoltre non è che il paziente lo si prona una volta e la cosa finisce lì: in genere si fanno alcuni cicli alternando prono/supino.
RispondiEliminaE' importante distingure gli effetti positivi "periprocedurali" da quelli a più lungo termine (come la mortalità e le insufficienze d'organo): se guardiamo ai primi potremmo assistere ad miglioramento (in genere transitorio) dell'ossiemia e questo in un paziente gravemente ipossico (PaO2/FiO2 << 100) ci fa tirare un bel sospiro di sollievo; la letteratura in effetti identifica la pronazione come una metodica "salvavita". Quando il paziente rischia di morire di ipossiemia la pronazione ci può permettere di mantenere una ossiemia sufficiente e così guadagnare tempo. Quindi il messaggio chiave di tutto ciò è quello che hai detto: dopo aver ottimizzato la ventilazione (protettiva, PEEP, FiO2, ecc.) la pronazione è una soluzione estrema salvavita.
Antonio
Nella mia piccola esperienza infermieristica ho assistito pazienti con grave ipossiemia,ed i casi erano semplicemente due ovvero "miracolose guarigioni"con remissione completa fino a dimissioni dirette a domicilio,o decessi.L'elemento comune era l'assenza della pronazione.Per mescolare le carte credo che forse nelle miracolose guarigioni la pronazione avrebbe accelerato la guarigione oppure avrebbe avvicinato al decesso in virtù del fatto che la manovra porta con sè effetti collaterali non da poco,oppure sarebbe stato semplicemente ininfluente,stesso discorso a parti invertite vale per i decessi.Credo che una risposta universalmente accettata sia difficile da fornire e sia da valutare di volta in volta il caso clinico.A questo punto mi riallaccio al pensiero finale di Antonio che vede la pronazione come estrema ratio,al fine di prendere tempo,e mi chiedo perchè non utilizzare la pronazione prima di giungere a quadri talmente compromessi da non sapere più che pesci pigliare.Chiedo se è ragionevole sfruttare la pronazione come strumento preventivo,cioè prima di giungere a gravi ipossiemie,dove forse si possono anche ridurre in percentuale gli effetti collaterali della manovra stessa,sfruttando in misura maggiore del beneficio.Come è ragionevole la ventilazione protettiva è ragionevole la pronazione preventiva?
RispondiEliminaCome sempre, Cristian, sei un arguto provocatore (nel senso buono, ovviamente).
RispondiEliminaLe evidenze ci dicono con ragionevole certezza che la pronazione non aumenta la probabilità di sopravvivenza nei pazienti con PaO2/FIO2 > 100. La pronazione non cura ma aumenta solo la PaO2. Perchè farla allora? A mio parere la pronazione preventiva non ha alcun senso, almeno allo stato attuale delle conoscenze, così come la pronazione in tutti i pazienti senza ipossiemia grave.
Ricorda una cosa: tu vedi pronare raramente i pazienti nella Terapia Intensiva di Poliambulanza anche perchè abbiamo a disposizione l'ossido nitrico (NO). Molto spesso con questo riusciamo ad ottenere un miglioramento della PaO2 nei pazienti con grave ipossiemia (stesso effetto della pronazione). La letteratura ci dice che anche il NO, come la pronazione, non migliora la sopravvivenza nei pazienti con ARDS. Ma in qualche caso può aiutare a tirare avanti qualche giorno, peraltro migliorando la funzione del cuore destro che spesso è scadente nei pazienti con ARDS.
Caro Beppe, condivido il tuo pensiero sulla posizione prona, che ha trovato conferma nella mia esperienza cilinica (...anche se ancora breve).
RispondiEliminaQuello che mi incuriosisce riguarda il ricorso alla pronazione nei pazienti obesi.
Curiosità che nasce da una revisione della letteratura fatta alla mia maniera (Googliana per intenderci), in particolare sfogliando un articolo (Intensive Care Med (2005) 31:1128-1131).
Questi sono i miei quesiti:
Sai se in letteratura esiste qualcosa? (... io come al solito non ho travato molto)
In termini fisiopatologici la meccanica respiratoria e la funzione polmonare come si dovrebbero comportare?
Grazie e complimenti per il sito...:
PS: Buon Compleanno Beppone !!!
Il tuo commento apre la strada a tre approfondimenti:
RispondiElimina1) la fisiopatologia della pronazione nei pazienti obesi
2) il commento all'articolo che hai citato
3) come fare una ricerca bibliografica su obesità e posizione prona
Insomma, hai messo molta carne al fuoco. E la risposta ad un commento non è la sede adeguata per affronatare questi tre argomenti. Pertanto prossimamente dedicherò uno o più post (dipenderà dalla mia capacità di sintesi) ai tre problemi che il tuo commento propone.
PS: grazie per gli auguri.